TANTO, IL RESTO CAMBIA

Quando sarò vecchia tornerò a casa, forse, nella mia terra millenaria di vacanze e basi militari, olio buono e poligoni di tiro, nuraghi e villette a schiera, e alle porte della Maddalena, forse, avrò una piccola casa e una veranda da cui si vedrà l'albero che avrò appena piantato nell'orto, come in una canzone di Franco Madau, e avrò i capelli bianchi e lunghi, forse, e moltissime rughe che si vedranno soprattutto quando sorriderò.
E spero che succeda spesso, di sorridere con calma e saggezza, e che la campagna verde della Marmilla e quella del Campidano mi diano ancora la pace che mi hanno dato ad agosto, senza quel pò di ansia che invece mi ha dato il Supramonte, perchè sono ancora troppo irrequieta( deve essere l'età, credo). Ma comunque meno irrequieta di certi opinionisti che vedo in tv, certi quarantenni incravattati esagitati che si dannano per sembrare brillanti ed originali e controcorrente, e arrivano a sostenere qualunque idiozia, per farsi ascoltare.
Come un conduttore o giornalista radiofonico a cui ho appena sentito dire, in un programma televisivo della sera, che il fatto che ci siano donne che vendono il proprio corpo ai potenti non è una brutta cosa, è il segnale che c'è libertà, è il segnale che la civiltà occidentale è sana, e meno male che esiste, questa cosa, altrimenti saremmo in un mondo pieno di omosessuali.
Quando sarò vecchia ascolterò meno Marco Mengoni, e soprattutto radio3, "Tutta la città ne parla", per esempio, che è un programma che fa capire qualcosa di questo Paese, con degli ospiti che non strillano e non si dannano per dire cose strabilianti, che cercano di ragionare con un pò di buon senso, invece che provocare, come dicono sempre quelli della tv, di ospiti, che strillano e strepitano e sembra che ti vogliano spiegare il mondo daccapo, e alla fine partoriscono idee come questa: che se una donna vende il suo corpo a un potente per dei soldi, o per fare carriera, non è una cosa triste per quella donna, che avrebbe potuto farsi valere nel mondo per merito e impegno, studiando e lavorando come fanno moltissime donne e moltissimi uomini, no, prostituirsi è una cosa bella perchè è la spia che il sistema occidentale funziona, e c'è libertà. Come no?

Vorrei vivere in un film di Wes Anderson e vederti in rallenty quando scendi dal tram-quei personaggi dei film di Wes Anderson idiosincratici, ancora più simpatici di me- e i cattivi non sono cattivi, davvero- e i nemici non sono nemici, davvero- ma anche i buoni non sono buoni, davvero- proprio come me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te me e te-

RIFLESSIONE D'AUTUNNO

Erano dolci e struggenti ma anche vuote di amarezza le parole di Rossella, la mamma di Marco Simoncelli:
" Noi lo abbiamo accompagnato solo in quello che gli piaceva fare. La vita, se non facciamo quello che ci piace, diventa un rimpianto. E lui sicuramente di rimpianti non ne avrà."
Frasi dette il giorno dopo aver perso il figlio in una curva del Gran premio della Malesia, su una moto da 300 all'ora.
Lo strazio composto, la saggezza di una famiglia normale, perbene, che non si fa strappare la ragione dal rimorso. Una verità profonda, meditata: proteggere i sogni, difendere le aspirazioni, coltivare il talento.
La lezione che mi ha lasciato la famiglia Simoncelli è tutta qui, sillabata in un'intervista tv, confermata davanti a migliaia di ragazzi arrivati per salutare il pilota bambino.
Inseguire i propri sogni non è mai sbagliato.
Ecco perchè quei due genitori reggono l'urto spaventoo della sua assenza, danno ordine e ragione a un dolore disumano, perdere un figlio a 24 anni.
Fuori dalla chiesa ho visto migliaia di giovani aspettare di veder passare Marco per l'ultima volta.
"Hai un sogno?", ha chiesto una cronista a un ventenne rotondo con la barbetta incolta.
"Sì, ma so già che non riuscirò a raggiungerlo. A lui purtroppo è andata meglio che a me", risponde.
E si riferisce a Marco Simoncelli, morto mentre realizzava il suo sogno a gas aperto.
La risposta di quel ragazzo, secondo me, è il documento agghiacciante della paralisi di un sistema, il manifesto di una generazione che si arrende ancora prima di provarci, convinta che nessuna strada ordinaria porti al successo.
Migliaia e migliaia di giubbotti neri, jeans calati e mutande a sbalzo accorsi ad applaudire non un compagno sfortunato, ma un coetaneo che ce l'ha fatt. Con un retropensiero scandaloso che a volte ritorna: meglio morire da eroe che farsi otto ore di coda al Trony per un telefonino scontato.
Più le riporto alla mente, le parole di Rossella mi sembrano limpide: ognuno di noi ha il dovere di inseguire la felicità.
Per la Costituzione americana la felicità è un diritto, sancito e protetto.
Marco Simoncelli correva in MotoGp, un rodeo crudele dove sbagli e sei morto. Ma dove, se hai talento, puoi anche vincere ed essere felice.
In Italia invece la strada per arrivare è più tortuosa del circuito della Malesia e il talento un accessorio poco richiesto.
Un Paese, il Mio, il Nostro, che non crede nei giovani e nel merito-una "peggiocrazia" mi piace definirla- in fondo è più crudele di qualsiasi competizione.
Per questo i ragazzi fuori dalla chiesa di Coriano non credono ai sogni ma si specchiano nel mito di Sic, il pilota bambino.

Jù.

LA FELICITA' DELL'IMPERFEZIONE

C'è un momento in cui ti rendi conto che l'esperienza non serve a niente.
A ventiquattro anni puoi ripercorrere infinite volte la tua carta dei personali sentieri amorosi, senza capirci più nulla.
Puoi cercare affannosamente una guida "esperta" nei film e nei libri e finire con il dare ragione al protagonista di "Un uomo solo":
"Se sono diventato più saggio? Semmai sono diventato più stupido, anzi divento sempre più stupido: è un fatto."
E ci rimani male perchè non capisci come mai proprio questa strana (e poco desiderata) saggezza che ti è improvvisamente piombata addosso la sera della vigilia di quello che sarebbe il novantasettesimo compleanno di tuo nonno agisca da balsamo rigenerante in tutti i settori della tua vita tranne lì, nel rapporto con gli uomini.
C'è un momento in cui pensi che le cose sarebbero andate meglio se fin da piccola avessi avuto un maestro di maschilità sul campo.
Se non ti fossi sentita troppe volte un autodidatta, come gli uomini della tua famiglia che hanno appreso l'arte di essere uomini dalle donne, perchè in casa c'erano soprattutto loro. E' un pò come aspirare a diventare ladro frequentando la scuola di polizia. Danni collaterali:
una sentinella interiore che intima l'altolà ogni volta che potresti anche solo lontanamente sentirti una stronza nei confronti di un maschio, ridotta capacità di dire "No" o "Adesso si fa come dico io", o "Adesso basta", lasciando spazio ai nì, alle ambiguità, elevata propensione a sposare il pensiero unico femminile, secondo cui complicato= buono, semplice=cattivo, con conseguente passione per lo "sturm und drang" di coppia, sport noioso quanto impegnativo, soprattutto quando si gioca sul terreno erotico. Una sintomatologia (in realtà molto più ampia e variegata) che è in grado di trasformarti sul lungo periodo in una vera e grandissima stronza.
C'è un momento poi, in cui ti ricordi che l'allarme era suonato tanto tempo fa. E ti ripeti che, cavolo, eri stata anche fortunata con quella raffica di attacchi di depressione(si, avete letto bene, fortunata).
Un altoparlante nelle orecchie che ti urlava "Ma che diavolo stai combinando?"
Insomma, come se non era male e per un pò è servito. Ma poi cosa è successo?
Quel grido d'aiuto è diventato un ronzio di fondo e poi è sparito, e di nuovo sono rimasta lì a perseverare negli stessi errori.
Errori così, ti racconti poi, di quelli che possono capitare. O forse no. Con il kit completo di tutti gli accessori: enorme senso di colpa, improvviso senso di vuoto, gigantesco senso di vergogna sociale, graduale senso di stupidità per non aver saputo dirsela tutta e dirsela prima. E soprattutto per aver lasciato che il prezzo da pagare per te stessa diventasse troppo alto, mentre si poteva rateizzare il dolore.
Ci sono momenti come questo in cui non posso non sorridere per essermi affidata alla "cura" della confraternita femminile: della pattuglia musicale, degli amici, delle cene in trattoria per sole donne, della loggia che valuta, sanziona e sfotte, a turno, ogni adepta e ogni suo flirt, fidanzamento, convivenza o minestra riscaldata. Un rito collettivo, tardo adolescienziale, con battute, bevute, adesioni di massa a regole auree per la miglior gestione del rapporto con gli uomini.
Per un certo periodo è andata di moda la regola del 10X di mia nonna. L'aveva tirata fuori lei, che vanta anche un parente psicologo. Suona più o meno così: se cogli un debole segnale di fastidio in qualcosa che lui/lei ti ha detto, moltiplica per 10 quel disagio e avrai una previsione di come sarà il futuro di coppia.
C'è un momento come questo di oggi in cui cerco risposte ovunque tranne che dentro di me.
La smania, il bisogno di armonia, di perfezione vitale, di incastro preciso, di stima, mi hanno portato a seguire un metodo quasi scientifico.
Ho scelto una strada su cui fare fitte liste di dettagli, le cose che vanno, quelle che non vanno, quelle che mi accumunano a...e a quelle che mi allontanano, i valori trasmessi. Ma poi sono costretta a fermarmi.
Quest'operazione, come spesso succedeva a tecnico con le equazioni di secondo grado, non riesce.
Mancano un pò di variabili e mi rendo conto che la variabile principale sono sempre io, con la mia (non) voglia e la paura di mettermi in gioco senza sognare una storia ideale e senza spostare l'attenzione su quanti cucchiaiani mette nel caffè.
Ci sono momenti come questo in cui penso che sì, quella volta là potevo lasciarmi andare ad amare, di più. E meglio. Che sì, potevo permettermelo.
Potevo costruire. In alcuni casi sarebbe stato vero.
Altre volte ho avuto il sospetto fondato che questi pensieri fossero le trappole tese da qualche parte dispettosa della mia mente che ama da sempre giocare con i rimpianti. Come se ci fosse un'anomalia nell'archiaviazione dei miei file sentimentali.
Un virus che rimuove i brutti ricordi e salva solo quelli belli, immagini sbiadite e allegre.
Ma è probabile che non sia affatto un'anomalia.
E infine, per fortuna, c'è questo momento in cui, durante un pomeriggio febbricitante di novembre, mi trovo nell'esatta posizione di molte, moltissime sere fa e mi rendo conto che ci sono più sprazzi di sereno e felicità qui, in questa imperfezione di un corpo come il mio abbracciato dal colore di un maglione pesante, che in tutti i sogni effimeri di tardo adolescente nei quali mi sono avviata per vent'anni.
Capisco che la sfida è lottare per vederli sempre, questi sprazzi di luce.
E allora, anche se l'esperienza non serve, so che ci riproverò, ancora una volta.

MATASSE DI ME

Il tratto principale del mio carattere:
Se dovessi ascoltare chi mi conosce, direi la pazienza.
Se ascoltassi chi mi è stato vicino, direi la dolcezza.
Se ascolto me, un'ottimista travestita da pessimista.

La qualità che desidero in un uomo:
Quel metro e novanta di spalle larghe e occhi nocciola.
( Ah, qualità interiore?)
In tal caso la capacità di sopportare i miei silenzi. Quelli lunghi, infiniti, assoluti.

La qualità che preferisco in una donna:
La condivisione delle emozioni, la capacità di vivere assieme il quotidiano e lo straordinario.

Quel che apprezzo di più nei miei amici:
Sapere chi sono. Sempre.

Il mio principale difetto:
La distrazione.

La mia occupazione preferita:
Ascoltare le storie. Amici, libri, cinema, film, radio. Mi nutro di storie. Le elaboro, le assimilo, le assorbo.

Il mio sogno di felicità:
Una vita con la pelle calda, con il rumore delle onde, con il sapore di salsedine sulle labbra.

Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia:
Perdere le persone care, credo. Null'altro penso sia drammatico e irrimediabile.

Quel che vorrei essere:
Alta, strafigherrima e ricchissima.
(Mmh, troppo? :-)
Mi piaccio così, soprattutto nei miei difetti, col mio carattere spigoloso.
Forse vorrei saper amare di meno.

Il paese dove vorrei vivere:
Ah, beh, andiamo sul difficile...
Sono una randagia, amo i traslochi, mi sento in prigione se non cambio spesso posto alle cose, no, non penso proprio ci sia un solo paese dove vorrei vivere.
A oggi? A oggi proverei a vivere in Spagna. Per un pò.

Il colore che preferisco:
Li sto studiando. Ci stiamo studiando. Pare che al momento ci sia una simpatia con l'arancione e il rosso. Ma non posso dimenticare di aver avuto da sempre un rapporto intenso con il blu.

Il fiore che amo:
Datemi un giardino e un conto aperto al vivaio e sarò una donna felice. Datemi anche un manuale di giardinaggio o un giardiniere che mi sappia indicare i nomi dei fiori, e saprò rispondere a questa domanda.

L'uccello che preferisco:
La civetta, da un pò. Per la serenità che mi ha saputo donare in un sogno.

I miei autori preferiti in prosa:
Jonathan Coe, al momento.

I miei poeti preferiti:
Poesia, questa sconosciuta.

I miei eroir nella finzione:
Capitan Harlock! ( Poco poetico eh? Sarà, ma quella cicatrice m'ha sempre affascinato...)

Le mie eroine preferite nella finzione:
Carmen.

I miei compositori preferiti:
Beethoven e Pierdavide Carone ( Che nessuno commenti :-))

I miei pittori preferiti:
Fattori, Picasso, Van Gogh, Schiele, Klimt...

I miei eroi nella vita reale:
I miei genitori, mio nipote Giacomo e la coppia R&N.

Le mie eroine nella storia:
...
"Franchina, oggi ti interrogo in storia."
"Prof, no dai."
"Allora ti metto 4."
"Faccia anche 3 e mezzo."

I miei nomi preferiti:
Dire il mio suona presuntuoso? E .

Quel che detesto più di tutto:
La presenza di chi mi irrita. Questo nel mio piccolo.
Nel mondo, invece, l'incapacità di un pensiero etico collettivo, di uno spirito solidale a prescindere.

I personaggi storici che disprezzo di più:
Se esiste, Dio, per aver dato all'uomo la capacità di odiare.

L'impresa militare che ammiro di più:
Mi risulta proprio difficile, ammirare un'impresa militare.

La riforma che apprezzo di più:
( Scusate, volete chiudere le finestre che c'è vento e volano via tutti i neuroni?)
Non saprei.

Il dono di natura che vorrei avere:
La capacità di saper dire di no senza sentirmi in colpa dopo due minuti e dieci secondi.

Come vorrei morire:
Senza rimpianti.

Stato attuale del mio animo:
Consapevole.

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza:
Quelle che provocano danni ad altri.

Il mio motto:
Se ci puoi fare qualcosa, perchè ti preoccupi?
Se non ci puoi far nulla, perchè ti preoccupi?

Jù.