RIFLESSIONE D'AUTUNNO

Erano dolci e struggenti ma anche vuote di amarezza le parole di Rossella, la mamma di Marco Simoncelli:
" Noi lo abbiamo accompagnato solo in quello che gli piaceva fare. La vita, se non facciamo quello che ci piace, diventa un rimpianto. E lui sicuramente di rimpianti non ne avrà."
Frasi dette il giorno dopo aver perso il figlio in una curva del Gran premio della Malesia, su una moto da 300 all'ora.
Lo strazio composto, la saggezza di una famiglia normale, perbene, che non si fa strappare la ragione dal rimorso. Una verità profonda, meditata: proteggere i sogni, difendere le aspirazioni, coltivare il talento.
La lezione che mi ha lasciato la famiglia Simoncelli è tutta qui, sillabata in un'intervista tv, confermata davanti a migliaia di ragazzi arrivati per salutare il pilota bambino.
Inseguire i propri sogni non è mai sbagliato.
Ecco perchè quei due genitori reggono l'urto spaventoo della sua assenza, danno ordine e ragione a un dolore disumano, perdere un figlio a 24 anni.
Fuori dalla chiesa ho visto migliaia di giovani aspettare di veder passare Marco per l'ultima volta.
"Hai un sogno?", ha chiesto una cronista a un ventenne rotondo con la barbetta incolta.
"Sì, ma so già che non riuscirò a raggiungerlo. A lui purtroppo è andata meglio che a me", risponde.
E si riferisce a Marco Simoncelli, morto mentre realizzava il suo sogno a gas aperto.
La risposta di quel ragazzo, secondo me, è il documento agghiacciante della paralisi di un sistema, il manifesto di una generazione che si arrende ancora prima di provarci, convinta che nessuna strada ordinaria porti al successo.
Migliaia e migliaia di giubbotti neri, jeans calati e mutande a sbalzo accorsi ad applaudire non un compagno sfortunato, ma un coetaneo che ce l'ha fatt. Con un retropensiero scandaloso che a volte ritorna: meglio morire da eroe che farsi otto ore di coda al Trony per un telefonino scontato.
Più le riporto alla mente, le parole di Rossella mi sembrano limpide: ognuno di noi ha il dovere di inseguire la felicità.
Per la Costituzione americana la felicità è un diritto, sancito e protetto.
Marco Simoncelli correva in MotoGp, un rodeo crudele dove sbagli e sei morto. Ma dove, se hai talento, puoi anche vincere ed essere felice.
In Italia invece la strada per arrivare è più tortuosa del circuito della Malesia e il talento un accessorio poco richiesto.
Un Paese, il Mio, il Nostro, che non crede nei giovani e nel merito-una "peggiocrazia" mi piace definirla- in fondo è più crudele di qualsiasi competizione.
Per questo i ragazzi fuori dalla chiesa di Coriano non credono ai sogni ma si specchiano nel mito di Sic, il pilota bambino.

Jù.

1 commento:

  1. Ciao Mauro, è bello sapere che non a tutti ciò che scrivi piace e non tutti condividono ciò che pensi. Perchè per me le differenze sono molto più importanti delle affinità.
    Ho aspettato a scrivere della morte di Marco perchè al di là della vicenda umana ho visto tanta falsità in giro, un esempio su tutti la gente che manco sapeva chi fosse e siccome muore a 24 anni sceglie di mettersi come avatar su facebook la foto del ricciolo, per esempio.
    So benissimo che l'Italia non è un paese fatto di Marco Melandri o Valentino Rossi ma di gente che non arriva a fine mese, di uomini che si svegliano alle cinque della mattina e tornano alle nove di sera, di giovani che cercano lavoro e non lo trovano e farebbero comunque di tutto. Non voglio finire nel girone filopolitico, non vedo differenza tra opposti e parlamento, scrivo ciò che vedo e ciò che sento e ti ringrazio per avermi detto "no cazzo, io non la penso così!" E' questo che Mi Fa crescere. Ancora e ancora. Grazie. Continua a leggermi, se ti va. Dopotutto, non butti via qualcosa solo perchè ha qualche difettuccio no? :-)
    Have a nice day & stay beautiful.

    Jù.

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