BUONI PROPOSITI

Nel Mondo che Inizia vorrei ancora i computer. Ma che non funzionassero sempre. Che esistesse un momento della giornata in cui fossimo davvero sconnessi. All'inizio molti non saprebbero più cosa fare. Io per nostalgia andrei subito a rileggermi le mail, i post, gli sms fatti e ricevuti: quante parole inutilmente aggressive, quante difese del proprio punto di vista per il solo gusto di contraddire l'interlocutore, quante bufale spacciate per verità rivelate.
Ogni volta che scorro uno scambio di messaggi elettronici, quel che più mi sconvolge è che nessuno cambia mai parere. Nella vita fisica non succede così. Dopo un pò ci si stufa di irrigidirsi e ci si abbraccia. O ci si picchia per poi abbracciarsi. Sulla tastiera persino la rabbia scorre algida. Persino le frasi più belle ci lasciano addosso un senso di incompiutezza e di rimpianto: vorresti vedere gli occhi di chi le ha pronunciate, dargli un bacio sulla guancia o una pacca sulla spalla: l'amicizia ha un componente non eliminabile di fisicità.
Amicizia. Una parola che distribuiamo con generosità, quasi come il suo fratello maggiore, Amore. E invece non siamo mai stati così soli come da quando siamo così connessi. Sono talmente tanti gli "amici" da seguire che non c'è più tempo per gli Amici da vedere. Le amicizie in rete sono un'opportunità straordinaria che, se avessi scoperto quando avevo 15 anni, avrebbe rivoluzionato la mia adolescenza timida.
Però ho il sospetto che la novità ci abbia preso la mano, facendoci dimenticare che le amicizie vere scavano nel profondo e perciò richiedono tempo, disponibilità e concentrazione: una connessione speciale che per qualche momento escluda tutte le altre. Credo proprio che metterò in valigia "Il Piccolo Principe", evidenziando col pennarello indelebile le riflessioni della volpe: " Non si conoscono che le cose che si addomesticano, Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprando dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!"

Alegra&Bacioni!
Buon Natale.

Jù.

LA MIA STRANA VERITA'

Non si invecchia un pò alla volta, anno per anno, lentamente e in maniera impercettibile, ma di botto.
Non si sa mai il giorno preciso in cui si presenterà il fenomeno, di solito si va di cinque anni in cinque anni. Ti era sembrato di reggere bene, anzi l'estate scorsa ti eri vista anche un pò ringiovanita. Saranno stati quei massaggi salvifici e le dormitine extra.
Poi una mattina di ottobre ti svegli e hai preso cinque anni tutti insieme. Così, in una notte. Il giorno prima no, e poi clic, il giorno dopo sì. Com'è possibile? Eppure è evidente, ci si scruta al microscopio increduli e ombre inedite, nuove pieghette in più sul viso sono apparse nottetempo. All'inizio pensi che potrebbe essere solo un'influenza imminente, un segno dei primi freddi, l'alzataccia del giorno prima, e invece passa il tempo e rimani così, non c'è niente da fare, sei semplicemente un pò invecchiata. A riprova di questa mia ennesima teoria scientifica mi arriva in soccorso una frase che pare sia stata pronunciata da Billy Wilder dopo la première del film Sabrina con Humphrey Bogart e una freschissima Audrey Hepburn: "Peccato, solo adesso mi rendo conto che ho scritturato Bogey proprio la settimana in cui è invecchiato!"
Un bel giorno, a venticinque anni, mi sono alzata e ho pensato che degli alieni avessero invaso il mio territorio-corpo trasformandomi in un'altra persona, e come nel memorabile film La mosca ho gridato anche io "Aiutooo" con la vocina piccola da insetto. Ma non c'era niente di sovrannaturale, ero sempre io, solo un pò più grande.
Non ci sarebbe nulla di male, sennonchè oggi invecchiare è uno scandolo. Specialmente per una donna è una cosa inaudita. Il nostro non è un Paese per vecchie. Quest'estate, sotto una foto rubata a una vip al mare, ho letto una didascalia che sentenziava con tono riprovevole: "Non fa niente per nascondere la sua età!". Dimostrare i propri anni è una colpa più scellerata di una rapina a mano armata.
I vecchi sono brutti, pallosi, mezzi rimbecciliti, noiosi e antichi. Non si possono guardare, soprattutto perchè rendono evidente lo stato di solitudine in cui tutti viviamo, isolamente che fino a una certà età cerchiamo di nascondere dentro centri commerciali, multisale e altri luoghi molto affolati che ci danno la sensazione di appartenere a un'allegra comunità.
Invece il vecchio è nudo. E' un reperto geologico spiaggiato davanti a un televisiore. Un monumento vivente che siamo costretti a visitare ogni tanto per buona creanza. A nessuno va più di ascoltare le sue storie e i suoi ricordi, sempre meglio una brutta fiction in costume che i ricordi di nonna sulla Resistenza. Il vecchio è incattivito perchè il mondo non è andato proprio come se lo immaginava, e non fa niente per nascondere la sua delusione. In una società che ha fatto dell'eterna giovinezza una categoria morale assoluta l'unico benvoluto è il vecchio arzillo, gonfio di Viagra, che si agita più dei nipotini condendo i suoi discorsi con ritriti doppi sensi e occhiatine complici: un guaio averlo in famiglia, peggio ancora a chi è capitato come capo del governo.
Lasciarsi sfiorire con grazia non è più concesso, bisogna essere fotogenici, telegenici, di bella e fresca presenza, sempre.
Nel passato i membri anziani di una comunità erano circondati dal rispetto e brillavano per autorovolezza. Oggi gli unici anziani a cui si porta rispetto sono quelli che contano. Se l'anziano possiede potere e denaro la faccenda assume tutto un altro aspetto. L'attualità è tristemente costellata di episodi che confermano questa regola sociale che di solito interessa di più il genere maschile, forse solo perchè fino a ora ha avuto più potere.
Si è persa quell'antica scuola che ti insegnava ad accettare con eleganza i colpi del tempo e a gustare le gioie della pensione ( e nel frattempo sono sparite pure le pensioni ). Suonano false le solite frasi rassicuranti rivolte con ipocrita saggezza ai malcapitati che devono affrontare questo passaggio obbligato: "Stai allegro, ogni età ha i suoi lati positivi." Sarebbe meglio dire "aveva", quando l'esperienza, la memoria e la maturità "avevano" un valore sociale. Ora sono solo uno scomodo ingombro, come il cassettone gigante dei nonni che non sappiamo più dove mettere in casa.
Per esorcizzare il machete del tempo e mantenre un contegno, i vecchi s'inventano per autodifesa delle bufale inaudite a cui nemmeno loro credono, come la famosa esclamazione: "Anche potendo, non tornerie indietro per niente al mondo". Bè, non esageriamo: è vero che l'età più drammatica sono sicuramente i vent'anni, ma se ci proponessero di tornare indietro di una decina d'anni senza dare nulla in cambio, sfido chiunque a rifiutare.
Io più che tornare indietro amerei fermarmi, per esempio mi troverei molto bene nella decade che sto vivendo, insomma non sento tutto questo impellente desiderio di proiettarmi verso le avventure degli anni a venire. E' evidente che li accetterò con filosofia, visto che l'unico modo per non morire subito è...invecchiare. E morire è una prospettiva ancora più fastidiosa.
Per fortuna l'essere umano si abitua a tutto e ha un istinto di sopravvivenza che lo trascina in avanti con una misteriosa dose di positività. La stessa che ci spinge a cucinare e a mangiare dopo un funerale.
Fino a qualche anno speravo di morire giovane, come un artista maledetta, per evitare lo spettacolo avvilente della mia discesa agli inferi.
Ah, l'estremismo della gioventù. Man mano che passa il tempo uno riconsidera le sue posizioni e guarda in avanti con altri occhi.
Ogni volta che vedo una fotografia di Keith Richards dei Rolling Stones non posso credere che l'idolo dell'adolescenza di mia madre spinga ancora forte sulla chitarra con le mani ricoperte di anelli a forma di teschio e la faccia ridotta a una pergamena. Sarà quasi un settantenne, eppure, nonostante tutte le zozzerie che si è iniettato o ha aspirato, eccolo lì sul palco a far zompettare intere generazioni.
A parte il conto in banca, non vorrei ridurmi come Keith Richrards: deve risultare molto faticoso mentenere quell'allure da maledetto quando la sciatica non ti alzare dal letto la mattina. In realtà siamo tutti acciaccati da quando abbiamo vent'anni perchè apparteniamo a una generazione che non si è risparmiata, soprattutto nei fine settimana poco istruttivi ma altamente distruttivi.
Purtroppo siamo capitat in un'epoca che ci costringe a mascherare la nostra "vecchietà"; per uno strano corto circuito della storia ci siamo ritrovati ad indossare gli stessi vestiti dei nostri genitori, ad ascoltare la stessa musica e a impazzire per gli stessi film. Siamo tutti "genitori in blue jeans", condannati ad invecchiare in clandestinità, cercando di non farci notare dai vicini, dissimulando malamente acciacchi e ammaccature. In sintesi, una fatica immensa. Alla lunga, totalmente inutile.
Anch'io lotto come tutti contro i mulini a vento e ho solo venticinque anni. Ma una mattina mi sono alzata e ho deciso che era venuto il momento di rilassarmi. I segni del tempo sono qui e aumenteranno, tanto vale farseli amici.
Di tutti i luoghi comuni sull'argomento l'unico vero è quello che ribadisce: "Ognuno ha l'età che si sente". Se mi sento ancora una ragazzina, perchè contrariarmi?

Alegra&Bacioni!

Jù.

FRATELLO POP

Io auguro a tutti di avere un fratello di riferimento. Il mio è stato un faro in certe nebbie adolescenziali, quando tutto sembra grigio e il panorama adulto non ci attrae per niente. Mio padre era troppo antico, impossibile sceglierlo come eroe ideale. Anzi, diciamo che sono cresciuta ripromettendomi di non assomigliarli in nessun dettaglio. Non è bello da dire ma, con tutto l'amore che per fortuna sono riuscita a dimostrargli negli ultimi anni, non c'era modello più lontano dalle fantasie ribelli che si agitavano all'inizio del nuovo secolo. Mio fratello invece aveva occupato a pieno titolo i miei sogni di emancipazione pre- femminista. Alto, fiero, occhi di mare, possedeva alcuni tratti spagnoleggianti di un antico ramo iberico della famiglia che mi illudo di aver ereditato anch'io.
Classe 1977, spirito arguto, intelligenza brillante, è stato tra i primi ragazzi nella nostra famiglia a rinunciare al divano rococò e a introdurre nel salotto di casa la musica moderna, prediligendo i Dire Straits alla musica italiana e l'arte astratta alle pareti al posto dei quadri scuri con le cornici dorate.
Nella sua camera troneggiava una collezione di cd e cassette sconfinata e a me pareva che mio fratello, più che un fratello, fosse un malato di mente. Tra gli altri primati eccellenti che lo proiettano nel mio personale firmamento di eroi non possiamo dimenticare che, scavalcando ogni regola, permetteva alle sue uscenti di sedersi sul letto in camera sua. Non solo, ma in tempi di oscurantismo moralista, osava dare asilo con allegria a tutti gli ex fidanzati appena lasciati. Casa nostra era sempre aperta, un rifugio sicuro nel mezzo delle bufere che si scatenavano durante le prime fasi dell'amore.
Mio fratello si è sposato tardi. "Troppo intelligente per trovare moglie" diceva con rammarico il nonno, parole scontate visto che provenivano da un esemplare preistorico di maschilismo antico-romano-post-papalino. Lo consideravano una causa persa quando, a sorpresa, s'innamorò di una donna più grande di lui. E' bello nella foto del suo matrimonio, nell'eterna eleganza della semplicità, senza cravatte nè giacche, sempre originale come il suo naso.
Mio fratello continua ad essere la persona da cui voglio sempre andare a rifugiarmi quando il mondo mi crolla addosso, e quando sono lì con lui mi sembra che sia il mondo a precipitare alle sue spalle, non lui. Mio fratello progetta, arreda e costruisce e anche quando i sogni commerciali finiscono e qualcosa fallisce lui non si da per vinto, mette da parte le sue cose, riflette un attimo e, nello stupore generale, trova un altro lavoro e riprende a correre.
Mio fratello è un uomo forte e volitivo, quasi granitico nelle sue scelte, una colonna portante per moglie, figlio e sorella. Ma quando si tratta di ricordare o raccontare il nostro passato familiare diventa tenero come un giunco. Tanto che in certi brevi momenti molto delicati io mi trasformo in sorella maggiore e lui nel piccolo di casa. E' la parte meravigliosa ed inspiegabile di essere fratelli e sorelle.
Insomma, non so che cosa sarà mio fratello da grande, ma il portamento elegante e i modi semplici lo fanno sembrare il padrone del mondo.
Amici e nemici nella stessa mano, io e mio fratello. Divisi ma nella stessa mano, uniti nel nel sole e nella pioggia nella stessa staza, a un tiro di sputo a sentirsi il respiro, a guardarci nell'occhio per occhio anche da chilometri lontano.
La cosa più bella è successa qualche anno fa, quando abbiamo imparato a riconoscerci come fanno gli animali e le piante, a capirci per quello che siamo, ad usare insieme l'ascolto e la condivisione.
Senza mio fratello sarei morta. Non avrei più ricordi, confronti, linguaggio. Mi sentirei persa, unta, sepolta.
Lui ha mischiato dentro di sè una malinconia a un'inquietudine che gli fanno scattare una molla, una capacità di comprensione e condivisione di disagio degli altri. Vuole andare a vedere e sa diventare quello che vede quando racconta.
Mio fratello mi ha insegnato due cose importanti che porto nella tasca laterale del mio zainetto nascosto dietro le spalle: non è vero che quattro occhi vedono meglio di due ma è vero che due paia di occhi vedono sempre cose diverse. E che le persone non si aspettano semai si aspettano i treni. Alle persone si va incontro.
Sarà che sto invecchiando ma non so stare sola. Senza mio fratello sarei perduta.

Alegra&Bacioni!

Jù.