AMICINEMICI

Non ce la faccio a dividere il mondo fra amici e nemici. Sarebbe come affermare la validità di un principio manicheo e un pò reazionario fra bianchi e neri, fascisti e comunisti, ricchi e poveri e così via. Una divisione del mondo un pò fuori del tempo che esula comunque dal mio modo di pensare perchè oggi c'è un altro obiettivo da raggiungere: la solidarietà.
La intendo come un concetto un pò politico, spirituale, umanistico che rappresenta un modo di essere, di vivere la vita di tutti i giorni. Era la sigla del nuovo impegno.  Era, in un certo senso, una delle mille facce di quella definizione che negli anni Novanta si chiamava "Nuova Resistenza".
I nemici ci sono eccome, sono dietro l'angolo, barricati tra quelli che non ci stanno, fra coloro che non aderiscono, fra chi dice "chi se ne frega, tanto non cambia nulla". Bisogna partecipare, aderire, impegnarsi indivdualmente nella ricerca di un modello di vita che coinvolga gli altri. Gli altri chi? Quelli che hanno più bisogno di noi, gli emarginati. Questa era anche la nuova filosofia di quello spicciolo di anni che ci divideva dal nuovo Millennio.
Non c'erano più muri da abbattere, comunismi da rovesciare, nemici contro cui schierarsi frontalmente, ideologie in cui cristallizare i pensieri. Avremmo forse dovuto impegnarci tutti per la ricerca della verità, per sconfiggere il nemico più difficile da annullare, insinuante e viscido: il menefreghismo.
Perchè la divisione fra amico e nemico io in realtà l'ho sempre vista come un gioco, magari al bar la domenica, dove ci si riunisce per parlare di calcio. Ma provate a schierarvi contro i nemici più duri: l'omertà, l'ignoranza, la repressione, il non-risveglio delle coscienze. Dice Giorgio Bocca:
"La presa di coscienza dipende dallo stato civile della gente".
Magari riuscire a far diventare il nostro problema un problema di tutti, il nostro impegno l'impegno di tutti, trasmettere agli altri quei valori positivi in cui crediamo. E' questa l'unica strada per combattere i nemici e vivere l'inebriante esperienza, unica e irrepetibile, di vivere in un mondo attorniati da nuovi amici. Solo così avremo abbattuto l'indifferenza, il nemico numero uno di oggi. Così forse la vita ci apparirà arricchita di un nuovo significato, di una nuova conoscenza individuale e collettiva.
E così ci apparirà meno banale vivere in un mondo di banalità.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.

UNA VERA STORIA DI AMORE RECIPROCO

Nel 1948, papà è nato in un piccolo paese nelle Alpi.
Mamma è nata in un paese un pò più grande, a pochi chilometri dal paese di papà. E' nata due anni dopo. A quell'epoca la Lombardia era ancora un'aerea verde coperta di alberi, fattorie di mattoni rossi e paesi sparpagliati, ognuno con una popolazione di poche centinaia di persone. Il paese di mia madre poteva vantare un "castello", o quello che loro pensavano fosse un castello, ma che era in effetti una grande villa in cui viveva il "Padrone", il propietario di una delle fabbriche del paese. Col passare del tempo altre fabbriche si erano installate nella zona e ne avevano cambiato l'ambiente e l'economia, ma i paesi non erano molto diversi.
Nè mia madre nè mio padre sono andati più in là delle scuole medie, ma la scarsa istruzione non ha impedito loro di diventare avidi lettori, rispettosi dell'educazione e della cultura. Papà sa a memoria brani di D'Annunzio e di Dante; il suo romanzo preferito è "Il buio oltre la siepe" di Harper Lee, da cui cita spesso delle frasi. Ama l'Opera, soprattutto Puccini, e Mimì è il suo personaggio preferito. Le arie deliziose di Mimì, che canticchiava sensa sosta, divennero le mie ninne-nanne.  Papà ora ha i capelli grigi, è di bassa statura, ma ancora quegli occhi piccoli e profondi che sono sempre traboccanti di gioia. E' bello. Ride molto e ama il cibo. Le sue passioni sono sua moglie Maria, il cibo, i dolci e i bambini. ( Non necessariamente in quest'ordine)
Mamma è una bella mamma, alta, con i capelli corvini e gli occhi scuri, la carnagione chiara e le più straordinarie battute della zona. Ha lavorato duramente per gran parte della sua vita e ha sempre dato a me e a mio fratello molto amore e calore familiare.
Fu lei a muovere le pedine che li avrebbero condotti all'altare, e lo fece da sola. Di nascosto da sua madre, su una Vespa sgangherata andava " a caccia" di papà e quando lui si accorse di lei, papà cominciò ad essere invitato a casa di mamma per cena o per delle passeggiate. Mamma era sempre presente, ma non rimaneva mai sola con papà. Quando lui veniva in visita, lei cucinava, serviva, puliva ma non c'erano altri contatti. Le sue amiche le assicuravano che era molto attraente ma lei negava spesso ( così mi ha raccontato ). Ma era in momenti come questi che iniziò a pensare di sposarlo.
Floriano e Maria ebbero il loro primo figlio, Damiano, e dopo dieci anni, arrivai io.
I miei vivono insieme da 40 anni.
Romantico? Vivono felici e contenti? Forse non del tutto, ma abbastanza. Le date, le cifre sono solo statistiche: quello che veramente importa è che ridono molto, ma li ho anche visti piangere. Insieme si divertono molto. Li ho visti sopportare periodi bui e depressione, ma ho anche potuto assistere al loro trionfo. Li ho sentiti litigare e urlare, li vedo mostrare tenerezza, sollecitudine, partecipazione e amore. Non una volta, però, li ho mai visti o sentiti, a fatti o parole, mettere in dubbio il loro stare insieme. "Separarsi?" dice mia mamma. "Mai! Voglia di ucciderlo, spesso, ma separarsi mai!" Anche se per un certo periodo non ne ero cosciente, mi hanno sempre mostrato il funzionamento reale di un rapporto d'Amore. Ancora oggi, danno molto valore a un'unione in cui io sono stata accolta e da cui ho poi tratto la mia forza: una comunione in cui io, mio fratello e i nostri amici siamo i benvenuti. Loro non lo sanno ma hanno modellato il mio rapporto d'amore.
Sono stata tanto fortunata da nascere in una famiglia dove si parla spesso d'amore. Non sono sempre parole dolci e gentili. Mamma e papà parlano a voce alta, anzi, mamma grida spesso. Non ha mai conosciuto il consiglio dei dotti psicologi:" Non urlate e non picchiate i vostri figli, perchè le ferite, verbali e psichiche, lasciano cicatrici perenni." L'ho sentita proferire minacce tipo "ti spacco la faccia", cosa che, devo ammettere, ha quasi fatto in qualche occasione. Neanche papà aveva paura che un ceffone ben assestato potesse turbare in modo permanente la nostra psiche: non sapeva cosa fosse, la psiche, e non gliene importava un bel niente.
Lui e mamma sono portatori di valori che vogliono farci condividere, e noi non abbiamo mai messo in discussione se ciò avvenisse "per il nostro bene" o meno. Ma questo comportamento energico non manca di espressioni amorose più gentili.
Mamma non torna mai dalla spesa senza portarmi un pò di cioccolato, un frutto o il dolcetto preferito; sia papà che mamma mi abbracciavano sempre per salutarmi e mi baciavano spesso, di giorno e di sera prima che andassi a letto. Le ferite cicatrizzano presto quando sappiamo, senza ombra di dubbio, di essere circondati d'affetto.
Fino a qualche anno fa mamma insisteva anche per un amorevole periodo di "pulizie di primavera" per il fisico: un periodo di digiuno e citrato di magnesia.Come ricompensa, avevo il mio cibo preferito l'indomani.
A tutte le età, mi è stato assicurato un ruolo importante nella vita famigliare. Mi hanno incoraggiato a discutere le mie gioie, i miei dolori, le mie paure, le delusioni e gli amori: quando ho un problema, è di tutti, e ci si aspetta che ognuno contribuisca alla sua soluzione. Ci ascoltiamo. In un ambiente così, le lezioni della vita, più o meno meritate, sono sempre state facili da tollerare.
Quando il mio ex fidanzato è morto, mia mamma mi aveva spiegato che per vincere dovevo arrendermi. Mi ha fatto capire che dovevo vivere il mio dolore e dovevo farlo fino a che ce ne fosse stato bisogno. La perdita di qualcuno fa sempre male, la tristezza non se ne va mai completamente, ma è diventata parte di me. E io l'ho accolta.
Ammettere di essere deboli significa essere forti. Puoi continuare a crescere, puoi lasciare uscire le tue lacrime.
La mia Famiglia rimane la cosa più bella che ho.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

CARO PAPA'

Caro F.
guarda che l'ho capito anche da sola. Ogni volta che parto - per un viaggio, per una vacanza, per trovare un amico in un'altra città - diventi come quella moglie che vede il marito uscir di casa per comprare le sigarette e pensa: se non tornasse più?
Beh, forse non è esattamente così, però ci sono vicina. Tornare, torno, presto o tardi, ma ti tornerò tutta intera? Non adrò nei pericoli, per ripetere una frase che mi dici sempre?
Mi vergogno un pò a scrivere su un foglio virtuale queste tue paure, ma non ne posso fare a meno. Lo so, gli anni passano anche per te, non solo per la mamma. Sono "grande", so badare a me stessa vi ripeto spesso. E poi non sei tu quello che mi dice sempre: fai da sola, devi imparare a sbrigartela, devi riuscire a risolvere i problemi senza chiedere sempre aiuto? Non sei tu quello che mi vuole dare lezioni di autonomia? Eppure non ci riesci a non essere un pò in pensiero, a non preoccuparti.
Cuore di papà, mi viene da dirti. Sicuro, anche se forse c'è sotto qualcos'altro. C'è la fondamentale insicurezza di tutti i genitori, c'è la domanda che vi fate quasi ogni giorno: siamo stati all'altezza del compito che ci siamo posti? Siamo stati capaci di educarvi nel migliore dei modi? Vi abbiamo dato tutto quello che vi servirà ( o che voi pensate possa servirci) per affrontare la vita?
Credo non siano domande da poco. Sono pesanti come le decisioni di un tribunale. Ed è un tribunale dove non si può pensare di farla franca. Anche se non c'è nessuna sentenza scritta, conoscete lo stesso il responso del "giudice", perchè quel giudice ha la faccia dei vostri figli. Certo, più di una volta ho pensato che tu sei sempre sicuro di tutto, che quando mi dici le cose ( o mi fai le prediche ) lo fai con il puntiglio e la sicumera di chi non si mette mai in dubbio. E invece mi sa che non è vero: non ti metti in discussione davanti a me perchè così faresti solo il mio male, finiresti per confondermi le idee, per trasmettermi anche a me la tua insicurezza. Credo di averlo capito: non è facile fare il papà. In fondo qual è il tuo compito? Fare in modo che io sia capace di "abbandonarti", cioè di camminare con le mie gambe. Sei tu che mi spingi a "tradirmi", ad allontanarmi da te, e ho capito quanto ti costi. E non perchè tu pensi che io sia capace di trovare la strada da sola, ma perchè non sei sicuro di avermi detto o dato tutto quello che dovevi.
E' forse da qui che nasce molta della tua apprensione, è da qui che arrivano tutte quelle contraddizioni che ti fanno essere così diverso dalla mamma. Hai preso i soldi? E la carta d'identità? E la notte dormi bene? Se piove hai preso un ombrellino almeno? Pensa un pò: da una parte fai di tutto per considerarmi come una donna e spingermi a comportarmi come tale e dall'altra mi ricordi ogni volta la "lista della spesa" dei miei doveri, come se avessi sempre tre anni.
Se devo farti una confessione, io ho cominciato a sentirmi davvero adulta e indipendente quando tu e la mamma avete cominciato ad andarvene in giro da soli. Andate via i fine settimana, un pò meno durante l'inverno. E io passo tutto il mio tempo tra cinema e librerie e i soldi li spendo riempiendomi la camera di libri che pesano come blocchi di marmo. Più di una volta ho mangiato solo patatine perchè non c'è la mamma a cucinare. Eppure sono felice, mi sento libera. Perchè allora non riesci a pensare anche tu che posso saltare un pasto senza che il digiuno abbia conseguenze letali sulla mia vita?
Ho cercato di capirti: forse tutto nasce da un eccesso di amore, di paura. Di amore per me e di paura per te. Cerco di tenerlo presente quando mi guardi la valigia per controllare se ho preso tutto. Tu mi lasci fare e poi, quando mi sono girata, me lo tiri fuori, tanto lo sai che anche se piove non lo userei. Allora è meglio nascondermi tra i vestiti una confezione di aspirina: fa meglio e pesa molto meno. E probabilmente aiuta anche a sopportare meglio i genitori che si preoccupano della mia incolumità.
Cerco di capirvi: in fondo ogni volta che ci allontaniamo di casa è come se vi facessimo l'esame, l'esame del bravo genitore.
Papà, l'hai superato.
Buon Viaggio.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.

MEDITERRANEO

"Comincia là dove nascono i primi ulivi e finisce dove spuntano le palme del deserto."
Non ricordo più il nome del poeta che l'ha scritta.
E' il destino dei poeti: le loro immagini rimangono, i loro nomi passano...
C'è, in questa frase, la definizione di un mare che comprende la terra.
Già col suo nome la chiama in causa, il Mediterraneo.
Come se non potesse fare a meno di lei. O per offrirsi come luogo di incontro.
Lo stesso vento striscia tra gli ulivi e fa rabbrividire le palme.
Alza la sabbia del deserto e la deposita sulle nostre auto in sosta in vie dimenticate di città senza magia.
E ci ricorda, così, di possibili misteri appena dietro l'angolo.
Le stesse facce, facce di parenti, si guardano dalle due sponde, con la stessa malinconia o gli stessi sorrisi.
E questo vento caldo assopisce gli stessi pensieri nelle teste dei popoli che conoscono la magia dei sospiri.
Respirando l'odore del sale e del mirto. Lasciando che il tempo scorra tra i muri a secco sulle case bianche.
Lento mare per popoli lenti, là dove la lentezza tornerà a riscattarci.
Ma mare difficile con le sue onde corte e ripide da bassi fondali, mare che richiede abilità al marinaio.
Mare salato che mischia il blu col nero del lutto e il bianco dei villaggi.
Stessi abiti neri per le donne di questo mare e stessi cibi con nomi diversi.
Un sole da ombre nette che scioglie le note della stessa musica sulle diverse sponde.
Con le cicale come effetto speciale.
Perchè sostenere il ritmo? Perchè non lasciarsi andare a rallentare e vagare tra le note, ribellandosi alla dittatura della batteria e del basso?
Mare di solisti.
Terre che ancora una volta accoglieranno la nuova invasione dal Sud.
Porta d'accesso ad un privilegio terreno che chi sta fuori reclama.
Camera stagna, limbo, sala d'attesa.
Nell'eterna incertezza se considerarsi al sud dell'Europa o al nord dell'Africa, saprà questo mare di terre meritarsi la sua fama?
Piazza e non fossato, via d'accesso e non sbarramento.
E se fosse proprio questo mare il punto fermo da cui ricominciare?