SPINGENDO LA NOTTE PIU' IN LA'

L'ultimo ricordo che ho di mio nonno è quello dell'ultima domenica mattina passata insieme. La data l'ho ricostruita grazie all'agenda olandese. Mia nonna conserva ancora il cappello di quella domenica. E' piccolo, ma si intuisce il colore grigio screziato di nero. Lo tiene in un cassettone, insieme alle lettere che lui le scriveva dal fronte.
Di quella mattina non ne ho mai parlato con nessuno. Dopo essermelo tenuta per me per anni, il ricordo di mio nonno è un ricordo fortissimo. è una bellissima sensazione. C'è una folla, una strada, una banda musicale. Io ero mano nella mano con mio nonno, ero un pò spaventata dalla calca e dal rumore, ma ero incredibilmente attratta dalla grande apertura di un trombone. Lui mi chiese se volevo toccarlo, ero timida, e poi nessuno si avvicinava, la gente stava tutta lungo il bordo della strada, ad assistere alla sfilata. Nessuno superava la linea immaginaria. Lui invece scavalcò qualcosa, superò delle transenne, io mi attaccai al suo braccio, lui mi stringeva la mano, io avevo timore, sentivo che stavamo facendo qualcosa fuori dalle regole, ma lui mi dava fiducia. Ci avvicinammo alla banda, lui parlò con qualcuno, chiese qualcosa, si piegò sul trombone e me lo fece toccare, solo per un attimo. Tornammo indietro, io ero felice, mi sentivo ancora più grande, forte, orgogliosa di stare mano nella mano con lui, mi sembrava avessimo fatto una cosa grandissima. Non avevo più paura della folla, mi sembrava tutto solare e caldo. Era una sensazione fortissima, che sento ancora oggi, viva, netta, pulita. Una sensazione di pienezza. Ci ho pensato tante volte, in questo mese, nella calca degli aeroporti, al lavoro, a Doha davanti ai grattacieli illuminati, mentre la gente correva veloce a casa, mentre l'aereo decollava per riportarmi a casa, o durante le notti insonni.
Ho sentito quella sensazione calda e ho pensato a lui. E' l'eredità che mi ha lasciato. Mi ha regalato la tranquillità in mezzo al disordine, una specie di pace che mi prende quando tutto intorno accellera, più accelera e più dentro di me le cose si fermano, si chiarificano, sembrano semplici.
Era solo una banda di Alpini, ma me la porto dentro da quasi vent'anni.
Quando ho finito di raccontare, mia nonna ha sorriso e scuotendo la testa mi ha detto: " Non è possibile che ti ricordi...ma perchè non me l'hai mai detto? Per giorni non hai fatto altro che raccontare del trombone e bisognava sempre ascoltarti da capo, raccontavi che l'avevi toccato. E' incredibile che ti sia rimasto il ricordo".
Da quasi due mesi oscillo tra il ricordo di mio nonno e una sorda voglia di prendere tutto a calci. Quando i miei genitori mi hanno buttato fuori di casa ero scossa, non riuscivo a trovare un centro di me, un punto fermo a cui agganciarmi. Poi mi è venuta l'idea di andare in montagna, di cercare quel luogo in cima alla valle dove il nonno mi aveva insegnato ad ascoltare i rumori della natura.
Di fronte a un lago ghicciato si fermò, si sistemò il cappellino di lana grezza, si tolse i guanti e mise in bocca una caramella al rabarbaro Baratti, una di quelle che teneva sempre in tasca. Poi cominciò a parlarmi e capii che tutte le lezioni avevano un solo fine, portarmi in quel punto.
Quando mio nonno morì io lo cercai per molto tempo. Poi, un giorno che ero lì da sola, l'ho trovato e ogni volta che torno lo sento. Ferma con gli occhi fissi sul lago ghiacciato prima trovai il nonno, poi il mio ex fidanzato. Rimasi ad ascoltarli a lungo e sentii che era giusto guardare avanti, camminare, impegnarsi per voltare pagina. Dovevo portarli con me nel mondo, non umiliarli nei pettegolezzi e nella rabbia, così non li avrei traditi. Bisognava scommettere tutto sull'amore per la vita.
Non ho più cambiato idea.

Il solito enorme bacione a tutti.

Jù.