ORA

Parole d'ordine: palanche, uomini, griff, biemmevù.
Esprimono concetti cristallini, importanti, basilari, universalmente riconosciuti e di unanime interesse: se dai segno di non mostrare per essi la dovuta attenzione, la gente comincia a considerarti una persona un pò strana, di sicuro non socialmente inserita. E queste "passioni" devono essere funzionali e strettamente legate a una vita di lavoro. Non importa quale, l'importante è lavorare, possibilmente dieci-dodici ore al giorno. Per guadagnarti la biemmevù, le palanche, la considerazioni degli altri, l'uomo ( se lo vuoi ganzo ). La cultura griffata è invece il collante di questo universo a una sola dimensione, una sorta di passe-partout valido per poter attaccare discorso anche con una pataccara. Questo è quello che vuole la gente e che la gente si aspetta da te.
Senza troppa convinzione, per qualche tempo ho provato anch'io a seguire questa strada e, come giustamente accade per ciò a cui non si crede, è arrivato un momento nel quale l'ho abbandonata. Per andare non si sa dove, per fare non si sa bene che cosa, per tentare comunque di essere me stessa. Non so se arriverò a una meta, ma l'importante è provarci.
E questa azione forse rappresenta già da sola un'esauriente giustificazione. Anche a costo di sonore batoste e qualche sconfitta. Come il sogno di un viaggio attraverso le parole che porta lontano, nel mio caso da questa stanza a tutte le persone che passano per di qua. La tecnologia, al di là delle più rosee prospettive, mi consente di arrivare chissà a chi e chissà dove.
Qualcuno, spesso, mi chiede perchè scriva. Nella vita sono una vinta. Scrivo per vendetta, scrivo per rifarmi.
Ma anche se non arrivassi a nessuno, anche se non fossi giunta ad avere un blog sarei ugualmente rimasta convinta di avere fatto la scelta che più mi soddisfaceva, perchè suggerita dalla voce più profonda, quella del proprio animo.
Alla fine, cos'è scrivere, se non offrire voce e ritmica ai suoni nella mente e negli occhi?
Sono sicura che chiunque, almeno una volta durante la sua vita, abbia seriamente pensato di dare spazio e ascolto a questa voce, che difficilmente riesce a farsi sentire perchè annichilita da altre che urlano sempre più forte: quella della tivù, quella del datore di lavoro, quella dei messaggi pubblicitari, quella di tutte le persone che volenti o nolenti ci circondano.
La passione per la scrittura mi è venuta per caso, verso i dieci-undici anni, quando una sera tardi, mia madre mi ha detto "Cosa scrivi a fare? E' una perdita di tempo! Ci vuole ben altro nella vita..."
"Sarà...ma mamma, a me così il tempo mi sembra di recuperarlo tutto!". E prima di perderlo del tutto, sono corsa a scrivermelo.
Quello che scrivevo mi faceva sentire leggera, libera, spensierata, insomma rappresentava uno dei pochi momenti nei quali stavo davvero bene. Immaginavo di andare lontano, in posti che solo i sogni mi suggerivano.
Per qualche tempo mi sono fatta risucchiare dall'illusione delle palanche, della biemmevù e delle sacrosante dieci ore al giorno di lavoro. A un certo punto ho anche capito che dovevo sciogliere dei nodi: la mancata accettazione di me stessa e il senso di colpa per essere felice soprattutto, perchè qualcosa non funzionava. Sentivo che la vita e il tempo mi sfuggivano veloci senza avere la possibilità di bloccarli, come una saponetta scivolosa che ti scappa di mano. E l'unica a rimanere fregata ero sempre io. Ho fatto saltare tutto per aria.
La mia Mattità è stata il detonatore.

La Jù.

Nessun commento:

Posta un commento