MIO FRATELLO E' FIGLIO UNICO

Volo Orio-Olbia.
Sto scrivendo la pagina più importante di questo quaderno cominciato tanti anni fa per contenere il mondo che ho dentro, quello del quale non avrei mai parlato al mondo che è fuori.
Da qualche mese ho compiuto ventiquattro anni e credo di aver mosso il primo vero passo d'amore verso me stessa. Ho parlato con mio fratello.
Non mi vergogno ad ammettere di averlo fatto, probabilmente, per disperazione: l'importante era farlo.
Era venuto a prendermi in aeroporto. Arrivavo da Olbia insieme a mamma e, dopo aver lasciato lei con papà, quando Damiano e io siamo rimasti soli, è arrivata la domanda. La più ovvia, innocua, banale domanda del mondo: "Come stai?".
Il "come stai" di chi la risposta se la immagina, ma aspetta e rispettosamente ascolta.
Uno di quei "come stai" dietro al quale vorrebbero irrompere altre mille domande, mimetizzate dal tono dolce di chi ti vuole veramente bene. Dalla tenerezza di quando dici molto meno di quello che stai domandando.
Il tono era preoccupato, circospetto, come sospeso, il tono di chi fa una domanda potenzialmente deflagrante. E io non ce l'ho fatta a far finta di niente e a rispondere "bene".
Non sono riuscita a cambiare discorso in fretta, a raccontare di come sono contenta delle cose che ho scritto in albergo di notte, dell'allegria che ho assaporato con persone che forse non rivedrò più, di quanto sarà bello tornare a scrivere a casa e di come sto pensando a pubblicare un libro e fare altre mille cose per cambiare il mondo. No.
Forse a ventiquattro anni l'istinto di autoconservazione diventa prepotente, e lo spirito adolescenziale di autocommiserazione per fortuna si spegne. O forse i miei giorni di esilio-da me stessa, dall'amore, dalla vita- ormai erano troppi e quel "come stai" ne aveva decretato la fine.
Mi sono guardata dall'esterno e mi sono vista per quella che sono: una ragazza in perenne conflitto con se stessa, che si condanna per una colpa della quale si è sempre fatta carica soffocando il dubbio che non fosse sua. Perchè non c'era verso, io la vedevo proprio come una colpa.
Chissà come mai, per una volta, ho provato tenerezza invece che rancore verso me stessa. Quale Dio mi ha concesso il miracolo di non vedermi più come la mia peggior nemica?
Credo sia stato il mio Dio Rock, quello che ho pregato per anni, nonostante il timore che il primo a non accettarmi per quella che sono fosse Lui. Il Dio tutto Mio che non ho mai smesso di interrogare, sforzandomi di credere che- qualsiasi cosa dicano gli altri- Lui ama tutti, sempre e comunque, vittoriosi o sconfitti, felici o disperati.
Fatto sta che Dio Rock era con me nel momento in cui ho confessato: "Non ce la faccio più".
Adesso so che è stato il gesto d'amore più grande che potessi concedermi, ed è vero che l'amore porta amore.
Mio fratello ha capito, non c'è stato bisogno di spiegare niente. Mi ha detto che non dovevo più aver paura, che avevo il diritto di stare bene e il dovere di non permettermi il contrario.
E che chiunque mi impedisca di credere che non merito di essere felice deve stare lontano da me, perchè è chi odia che ha l'obbligo morale di nascondersi, non chi ama.
L'amore chiama amore. Mio nonno lo ripeteva spesso, eppure per me era una frase sfigata.
E' come se, per anni, avessi chiesto a tutti di amare e di amarsi incondizionatamente. Come fosse una missione, come se sperassi che ci riuscissero almeno gli altri, non riuscendoci io. E dietro ogni scritto c'era un piccolo avvertimento: l'amore per non finire male, per non finire soli, per non finire...come me.
Dovevo arrivare a ventiquattr'anni per capirlo, e adesso è così chiaro.
La sera abbiamo festeggiato il ritorno dalla Sardegna. C'era tanta gente e ne avevo voglia.
C'era la musica, mio nipote, i miei zii, le mie zie, la mia immensa e pittoresca famiglia insomma, ho fatto tutto quello che volevo con chi volevo, e già mi sembrava di guardare tutti con aria diversa.
Non mi interessava più cosa gli altri pensavano di me, mio fratello mi aveva detto che chiunque mi giudichi non merita di starmi, di starci, accanto, e io mi ero accorta che aveva ragione.
Perchè giriamo il mondo alla ricerca delle risposte che abbiamo a portata di mano? Perchè continuiamo a cambiare casa quando "casa" è dove c'è chi ti ama?
Forse perchè l'uomo è l'animale più stupido che ci sia, o semplicemente il più fragile. O forse perchè è impossibile evitare le salite, i sentirti più impervi e le buche del nostro cammino.
Mi sento così diversa mentre scrivo questa pagina. Per la prima volta non chiuderò il quaderno augurandomi che nessuno lo legga mai. Per la prima volta sono io che voglio farlo leggere a tutti.
Oggi vorrei dire a chi sta male di non aver paura, di cercare con calma le risposte nel passato, ma soprattutto di cercare la comprensione e l'affetto di chi gli vuole davvero bene.
Oggi vorrei prendere tutto il dolore che mi sono portata dentro e raccontarlo a chi è soltanto all'inizio di questo cammino e sta soffrendo.
Gli spiegherei che ci vogliono tempo e pazienza...e poi ancora tempo e ancora pazienza.
Perchè non siamo tutti uguali, ed è bene cosi, e ognuno va avanti a modo suo, con i suoi tempi e i suoi modi.
E' vero, imparare ad amarsi è difficile, e questo è quanto.
Bisogna rispettare l'orologio del cuore, prendere le distanze, ascoltare la propria fragilità. E' così delicato, il mondo che custodiamo: non si può avere fretta.
C'è un percorso da compiere. Lungo o breve che sia, dobbiamo seguirne le curve, le salite, i tratti più insidiosi, asseccondare il tempo e il mutare delle stagioni. E, con fatica, prima o poi qualcosa succederà.
Non sappiamo mai quanto manchi all'arrivo.
Può essere questione di minuti, si può aspettare lustri o ci si può morire.
Io ci ho messo giusto giusto...ventiquattr'anni e una chiacchierata con mio fratello.

La Jù.

1 commento:

  1. Ti ho conosciuta 4 ore fa e mi hai lasciato il tuo blog. Interessata, ho curiosato e sono arrivata a questo post che mi ha colpito particolarmente. Trovo che scrivi molto bene e sono d'accordo su ciò che ti ha detto tuo fratello: chi non ti rispetta, non ti merita. Devi amarti e sapere di poter contare sulle persone che ti amano. A quel punto ogni paura non avrà più senso di esistere... Grazie per avermi permesso di leggere questo tuo bel pensiero. Sei simpaticissima!!! Silvia

    RispondiElimina