DEDICATO

Eccomi a parlare di coming out. L'abbiamo sentito decine di volte, in televisione, al bar, nelle notizie e nelle bacheche altrui sui social network, comprese le cucine, i salotti dei nostri parenti, i ristoranti.
Non è un caso: io credo che il coming out, in senso lato, sia il grande tema di questo tempo. Credo che essere se stessi, profondamente, il non nascondersi, avere il coraggio di essere se stessi, dei propri sogni, dei propri dubbi e difetti, dei propri amori, in una parola non avere paura di quel che si desidera, che ci piace, che ci completa, ci appassiona e ci fa stare bene, di quel che amiamo, di chi amiamo davvero soprattutto, sia il grande tema delle nostre vite private. Di più: sospetto che nascondersi, far vincere la paura, camuffare i propri desideri, possa portare ad ammalarci, prima o poi, nel corpo e soprattutto nell'anima. Lo scrivo consapevole di quello che tante persone intelligenti potrebbero chiedersi ( me compresa, anche se meno intelligente di loro): la vita è ricerca della felicità? E se uno è uno stronzo? (metaforicamente e no ). Deve essere tale o cercare di migliorarsi? Eccetera.
Non divaghiamo. Non parlo a caso di essere o non essere stronzi o essere o non essere felici, che la felicità è una cosa molto complessa, fatta di istanti, lavoro su se stessi e grande onestà nel riconoscere i propri limiti ma anche i propri desideri.
Voglio parlare invece del coming out di Ian Thorpe: un campione ma anche un divo, una celebrità da copertina. Per gli australiani, ha scritto Roberto Perrone sul Corriere della Sera, Thorpe - nuotatore che ha vinto cinque medaglie d'oro in due Olimpiadi, tre d'argento e una di bronzo, undici titoli mondiali e ventidue primati del mondo - è una specie di Garibaldi, un simbolo non solo sportivo, una faccia da milioni di dollari. Un ragazzo prodigio che ha avuto un percorso sportivo e mediatico eccezionale segnato da glorie e da cadute, incidenti, malattie, sconfitte. Ha fatto di tutto, dalle pubblicità alla televisione, dove ha avuto grande successo in uno show con McEnroe sulla Bbc. Poi, è caduto nella depressione e nell'alcolismo. E' finito due volte in ospedale, insomma, la parabola di tante star.
Da tempo si diceva fosse gay e di sicuro ne era un'icona, con tanto di copertina su Playboy. Lui negava. Ha inscenato un finto matrimonio e nella sua autobiografia, due anni fa, ha scritto chiaro e tondo: "Sono attratto dalle donne e spero un giorno di metter su famiglia".

Fino a un mese fa. In un'intervista a Michael Parkinson su Channel Ten finalmente lo ha detto: "Sì, sono gay". La tentazione di farne un esperimento da laboratorio, di vedere se ora, dopo il coming out, Ian diventerà una persona più felice e risolta, se smetterà di bere e farsi del male, è davvero grande.


Io so per esperienza personale che aiuta molto. Poi, la vita è fatta di tante cose: anche di doveri, circostanze e cose che dobbiamo fare per gli altri. E poi c'è il caso, nelle nostre vite, che ha molta più importanza di quanto pensiamo. Qualcuno lo chiama destino. Lo fanno i meno intelligenti tra noi: compresa me.

Jù. 


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