#AMOREVERO

Qual è il fattore trascinante di ogni grande storia d'amore?
Un ostacolo insormontabile, di solito esterno alla coppia. Ai tempi di Romeo e Giulietta bastava l'ostilità delle famiglie. In seguito per i narratori la faccenda si è complicata, grazie all'evolversi di una società sempre più permissiva. West Side Story sostituì le famiglie con le gang. Indovina chi viene a cena? calò l'asso della differenza razziale. Attrazione fatale introdusse l'amante vendicativa. Poi irruppe la questione omosessuale, che rimetteva al centro l'opposizione delle famiglie di provenienza. Finchè arrivò il giorno in cui scrittori e sceneggiatori alzarono le mani: le abbiamo sperimentate tutte, più nulla e nessuno ormai può creare ostacoli a una coppia di innamorati. Per fortuna quel giorno Spike Jonze era distratto. Non sapendo che creare nuovi conflitti era diventato impossibile, ne ha confezionato uno talmente moderno che, benchè la storia sia ambientata in un futuro indeterminato, lo spetttaore prova la sgradevole sensazione di esserci già dentro fino al collo.
Sto parlando di Her ( "Lei" ), un film dove l'ostacolo insormontabile è che uno dei due amanti, non ha corpo, essendo un sistema operativo creato dal computer.
Un'intelligenza artificiale con la voce umana, troppo umana, di Scarlett Johansson, che nella versione italiana diventa quella di Micaela Ramazzotti: altrettanto graffiata e sensuale, ma lievemente penalizzata a nord della linea gotica da una inesorabile inflessione romanesca. Si può amare un computer? Prima di vedere Her, avrei giurato di no. La bravura di Jonze e dei suoi attori mi ha fatto cambiare idea. Amare un computer è possibile. Anche se, come talvolta capita ai grandi amori, di tratta di una condizione di passaggio.
L'assenza del corpo è un handicap rilevante, persino nella società immaginata ( immaginata? ) dal regista, dove le persone camminano per strada sfiorandosi senza guardarsi, troppo impegnate a parlare dentro, e con, gli apparecchi tecnologici.
La mancanza di fisicità ha alcuni aspetti positivi, almeno per un'imbranata come me, penalizzata dall'attuale fase touch, dove tutti i comandi richiedono movimenti precisi delle mani.
Nel mondo imminente di Her le mani non servono più, perchè la parola pronunciata davanti a un computer diventa immediatamente parola scritta. Il protagonista maschile si guadagna da vivere scrivendo a voce alta lettere private per le persone che non cono capaci di esprimersi in modo appropriato. Va detto che una specializzazione simile in Italia avrebbe poca fortuna. Siamo un popolo di non lettori, ma di scrittori incompresi che vivrebbero la delega a un affabulatore professionista come una sorta di umiliazione. Scherzi a parte, l'idea che un uomo e una donna - o una genitore e un figlio - abbiano bisogno di un estraneo per comunicarsi i sentimenti è l'aspetto più desolante, forse perchè pericolosamente vicino al vero. Ma oltre che per l'assenza di contatto fisico, l'amore uomo-macchina non può durare per un altro motivo: la macchina si evolve più rapidamente dell'uomo. Mentre ogni coppia resiste solo fin quando riesce a mantenersi in equilibrio. All'inizio l'uomo Theodore e la macchina Samantha hanno in comune il desiderio di comunicare e la capacità di comprendersi. Ma quando l'intelligenza artificiale diventa troppo intelligente, l'equilibrio si spezza e la macchina si allontana verso luoghi fuori dallo spazio e dal tempo che i nostri sensi non possono percepire. Anche l'uomo, però, si è risvegliato alla vita grazie all'amore della macchina. Ed è questo, in fondo, il messaggio più emozionante: ogni amore vero ci aiuta a evolvere, persino quello che è condannato a finire.


La Jù. 



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