CHRISTMAS LIGHTS

C'è chi, come me, nasce con la fissa dei maestri. E fin da piccola si mette di buzzo buono per trovare chi, con amore e pazienza, gli spieghi i tanti perchè che incontrerà lungo il cammino.
E non mi riferisco ai grandi maestri, filosofi, scrittori, poeti, mistici. No.
I maestri di cui parlo sono molto più terra terra, sono piccoli maestri. Persone comuni che, entrando nella tua vita ( anche con i loro problemi), la segnano per sempre. E ti aiutano a crescere.
Il mio primo maestro è stato il nonno Pino. Avevo 6 anni.
Di lui, ancora oggi, ricordo i modi fini e gentili, la faccia tonda, l'aspetto un pò imbolsito e i suoi quotidiani insegnamenti. Fatti di calma, tolleranza, assenza di pregiudizio, libertà. E da uomo libero qual era, mi sollecitava a rispettare sempre quella degli altri. Una meraviglia.
Poi è arrivato l'allenatore della squadra di calcio dove giocavo. Avevo 18 anni.
La mia stagione agonistica ( sono stata calciatrice per quasi 5 anni ) era ormai alle spalle. Avevo voglia di divertirmi, di essere sempre più libera, mi stavo innamorando, ma di quegli anni trascorsi su un campo da calcio ad allenarmi, tre, quattro ore a settimana, più la partita al sabato o alla domenica, mi restava la caparbietà, la disciplina, la forza di raggiungere gli obiettivi. E poi, mente e corpo si parlavano poco tra loro: Omar mi ha insegnato a farli dialogare. Grazie a lui ho imparato a non considerare più il corpo solo come una massa di muscoli da potenziare.
Ho compreso che la mente non era più solo un prezioso gregario per arrivare dritta alla meta. La straordinaria coppia viaggiava all'unisono. La mente imparava ad ascoltare il corpo. Il corpo a rispettare i tempi della mente. Chimasi, forse, equilibrio.
Poi è stata la volta di Lui con la sua terribile malattia. Avevo 20 anni.
All'epoca mi sembrava impossibile che gli fosse capitata questa disgrazia. Attonita, lo guardavo allontanarsi lungo una strada senza ritorno. La vita mi obbligava a una inaspettata battuta d'arresto. Il dolore mi annientava. Eppure lì, in quei giorni densi di paura, ho imparato a stare ferma. Ad aspettare. Ho capitato quanto fosse importante osservare, senza poter far nulla, l'evolversi degli eventi. Lì, in quei giorni, segnati spesso dall'urgenza, ho compreso l'importanza di accettare il proprio destino. Perchè la differenza tra un disastro e un'avventura, me l'ha insegnato la leucemia, è solo la tua attitudine.
I miei piccoli maestri, con i loro insegnamenti, mi seguono da vicino. E non è un caso che li pensi cosi intensamente ora, in questo mese di dicembre che, per tradizione, apre le porte alla dolce attesa del Natale.
Una festa che, a dispetto dei tempo che corrono, suscita in me la stessa emozione di quando ero bambina. La lista dei doni che mi piacerebbe ricevere sotto l'lbero è quasi pronta. Ma uno in particolare vorrei chiedere per la notte del 25: un altro piccolo maestro capace di spiegarmi, ancora una volta, i tanti perchè che incontrerò strada facendo. Un altro prezioso maestro da affiancare a quelli che l'hanno preceduto. Avendo ben presente che il più grande Maestro di tutti, accanto alle necessità vitali, è l'Amore. Perchè quest'anno a Natale non voglio niente. Non mi serve un telefono nuovo, non lo voglio un telefono nuovo. Non voglio Cose. Sempre CoseCoseCoseCose.
Quest'anno a Natale voglio solo gente che sorride.

Jù.

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