TUTTO ( O QUASI) SU MIA MADRE

Quando mia mamma, con una regolarità degna di miglior causa, mi sculacciava praticamente ogni giorno, finiva il suo rito spiegandomi che l'aveva fatto "per il mio bene". Con le cosce rosse e bianche per il segno delle cinque dita e la faccia colorata dalle lacrime ormai secche, confesso che facevo una certa fatica a capire la ragione delle sue parole. Il mio bene mi sembrava agli antipodi da quella dose giornaliera di sberle.
L'ho capito dopo, quel senso. Quando non mi sculacciava più.
Adesso è difficile spiegarlo ai miei ventiquattro anni ribelli, alla mia voglia di conoscere il mondo, troppe volte frenata dagli autolimiti che mi do. Dai miei no. (Perchè di sberle non è proprio più il tempo, anche prima che quel pretore le dichiarasse "anticostituzionali": ma non vi sembra esagerato? Non vi sembra che certe sentenze andrebbero riservate a decisioni un pò più importanti di un paio di scapaccioni?) . Eppure quel rituale quotidiano mi ha insegnato- magari in una forma un pò troppo esuberante- che certe cose si possono fare altre no. Mi ha insegnato che esistono dei limiti, delle frontiere. Che alcune cose sono permesse e altre no. Che non potevo fare tutto quello che volevo.
Non era un consiglio da amica. Era un insegnamento da genitore. Perchè mia mamma non ha mai cercato di essermi amica anche se continua a curarmi come una neonata e mi fa ridere quando sono a pezzi: si sforza di farmi da genitore.
Ripeto un pò le parole, però non ci sono molti termini per spiegare questa differenza che qualche volta rischia di dissolversi tra una tentazione pseudo-pedagogica e una stanchezza esistenziale.
Ecco. Stanchezza è proprio la parola giusta. Non sempre è facile dire di no, resistere alle mie repliche o ai miei sguardi offesi, magari alle mie accuse. Ma a volte penso che non possa fare altro.
A sedici anni, come a dodici, a diciotto e anche a ventiquattro, spesso si crede che il mondo sia a portata delle nostre mani, che tutto sia permesso, che non esistano ragioni valide per negarci niente: perchè no? E a volte è impossibile trovare una risposta razionale. Ma ho imparato presto che il mondo non è fatto solo di risposte razionali. E' fatto di errori, di follie, di tentazioni, di inciampi. Soprattutto è fatto di ostacoli e limiti da superare e abbattere.
Mia madre, mi ha insegnato a saltarli quegli ostacoli, mi ha trasmesso la forza che mi era necessaria per andare oltre e lo ha fatto sebbene, a volte, quella forza mancasse anche a lei: quello che penso è che il suo compito sia stato quello di farmeli vedere quegli ostacoli, di disegnarmele quelle frontiere. Ma non proibirmi di superarle. Perchè le proibizioni non vanno mai bene e perchè devo decidere da sola se saltarle, aggirarle, infrangerle, dimenticarle o riderci sopra. Posso fare tutto quello che voglio, ma sono io a farlo e soprattutto so che ogni tanto nella mia vita troverò ancora dei limiti con cui dovrò lottare.
Ecco cos'è, forse, il "mio bene": non credermi come Superman o Wonderwoman, ma sapere che esistono dei limiti. Per avere la forza di superarli, per non lasciarmene mai condizionare. Io so che ne sono capace.
Ringrazio mia madre per avermi fatto "provare", per avermi fatto misurare le mie forze. Come? Nell'unico modo in cui un genitore può farlo. dicendomi di no. Perchè no? Perchè no! Senza paura di essere autoritaria o anti-democratica.
La democrazia l'ho conquistata da sola, insieme ai miei amici, quando ho imparato a camminare da sola. E ho lasciato i miei genitori a casa: preoccupati per il mio futuro ma certi che saprò affrontarlo.

La Jù.

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