LA NOIA

La noia non e' più quella di una volta. Non parlo dello spleen elegante e borghese descritto da Alberto Moravia e dagli scrittori esistenzialisti francesi, ma di quella leggera ed apparentemente inutile di quando eravamo ragazzini.
Allora non c'erano ancora le mamme-smart che oggi vedete sfrecciare nel traffico cariche di figli, vere staffette metropolitane che affrontano a tempo di record un percorso ad ostacoli tra ginnastica, chitarra, danza, tiro con l'arco, judo e nuoto sincronizzato, con sosta finale dallo psicologo per una seduta familiare al prezzo di una singola.
Prima nessuno si preoccupava di intrattenerti a tutti i costi. Il mondo dei grandi e quello dei ragazzini erano separati e andava bene così. Ognuno viveva la sua vita e ci si ritrovava con i "grandi" solo in alcuni momenti deputati della giornata. Senza l'aiuto del computer e dell'elettronica la noia era il miglior amico che avevamo e non era così ripetitivo come la sequenza di un videogioco. Bisognava arrangiarsi da sè, visto che non era un problema dei tuoi genitori se passavi un intero pomeriggio in casa a ritagliare bambole di carta o a guardare le gocce di pioggia che rimbalzavano sul vetro. La noia portava consiglio e aguzzava l'ingegno. Con lo sguardo fisso sul nulla io proiettavo sulla finestra che dava sul cortile svariate fantasie futuribili: era un pò come stare al cinema, ma il film era la mia biografia ancora da girare.
Non ero sola, appartenevo a un piccolo esercito di adolescenti, ognuno intento a costruire il suo lungo cortometraggio immagginario con lo sguardo fisso sulla finestra della cameretta. Allora dividevo la stanza con mio fratello più grande che per fortuna non era quasi mai in casa, già rapito dai primi amori, più che altro pretendenti senza speranza che lo venivano a prendere con lo spiderino, ma mai sotto casa, sempre a due isolati di distanza per non farsi vedere dal cerbero genitore. Fino all'ora di cena avevo un mare di tempo per inventare le mie esistenze rocambolesche.
All'inizio sono stata un Power Ranger, quello rosso. Al contrario del rosso Power Ranger avevo paura di tutto, soprattutto di una guerra atomica. Presto ho alzato il tiro e sono diventata principessa di Monaco. Mia mamma questa volta aveva approvato, visto che era stata una dei tre milioni di italiani che, da televisori casalinghi o apparecchi sistemati nei locali pubblici, avevano assistito al primo matrimonio reale in mondovisione. La diretta televisiva delle nozze di Grace Kelly con il principe Ranieri fu un evento memorabile per la sua generazione, io non ero ancora nata ma l'ondata emotiva deve aver turbato il mio incoscio tatuandolo con un marchio romantico (purtroppo indelebile) che mi ha inguaiato per sempre. L'abito da sposa della ex star hollywoodiana è ancora oggi termine di paragone inarrivabile per ogni vestito nunziale sulla faccia della Terra. La leggenda racconta che fu confezionato a mano da trentacinque sarte, dirette dalla stilista degli MGM Studios Helen Rose. Più che un abito un'installazione, e infatti fu donato al museo d'arte di Philadelphia, dove tuttora è ammirato da una continua processione di anziane signore commosse fino alle lacrime.
Questa zuccherosa vicenda principesca non poteva sfuggire alle mie fantasie proiettate sul vetro della finestra, ma per fortuna durò poco perchè il rock più maleducato la spazzo via in un giorno. In poco tempo passai dalla principessa del castello al ruolo più ambito di moglie ufficiale di Paul McCartney, il cantante bello dei Beatles.
Ero ancora una ragazza difettosa, con un sentimentalismo più vicino a Liala che a Simone de Beauvoir e, se mi avessero fatto l'esame del dna, avrebbero trovato poche tracce di principe azzurro.
Per la cronaca: poi Paul McCartney non l'ho più sposato, per fortuna aggiungo oggi, specialmente dopo aver letto una dettagliata biografia della sua fidanzata di allora che ci racconta la vita di coppia con la star come qualcosa di più vicino alla noia che al paradiso terrestre che immaginavo. A sentir lei, nonostante siano passati cinquant'anni, non è ancora riuscita a riprendersi, mentre lui nel frattempo ne ha fatta fuori un'altra mezza dozzina e sta benissimo.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.

Nessun commento:

Posta un commento