GREYGOOSE

A Ferragosto si dovrebbero cercare sui giornali idee per la gita di domani: musei da visitare, la spiaggia dove aprire l'ombrellone, il sentiero per la camminata prima del pic nic. Cose tranquille e intelligenti, che non contemplano spese proibitive. Una vita da italiana serena. Ci rifletto. Mi sembra che così fosse quand'ero ragazza.
L'estate erano due abbondanti mesi di sole cocente senza che un nembo corresse in cielo. Poi, con la fine di agosto e un clima meno rovente, tornavano in scena la politica, l'economia, il lavoro, la scuola. Le stagioni erano così ben scandite che i governi venivano definiti "balneari". Tutto appariva tranquillo perchè ero una ragazzina e non avevo responsabilità se non quella di pensare al mio futuro. E proprio qui sta lo spirito del tempo che viviamo.
Io, come tutti i ragazzi e le ragazze della mia età, ci immaginassimo avvocati, medici, imbianchini, muratori, mamme o altro, pur in un'economia senza scintille sapevamo che a breve la palla sarebbe carambolata tra i nostri piedi e avremmo giocato la partita della vita. Soprattutto ne erano convinti i nostri genitori, affannati per far tornare i conti ma con la speranza che i figli sarebbero stati meglio. Era un'idea di progresso. La somma di tante speranze individuali fa una speranza collettiva. E contribuisce a far crescere una nazione. Per dirla con il principe-poeta, "di doman non c'è certezza", nè allora nè oggi, però sappiamo qual è la sola cosa su cui fare affidamento: la nostra volontà di essere. Senza quella siamo in balia di chi ci vuole oggetti, macchine da consumo che rispondono a un disegno che non è il nostro e ci "rottama" quando non siamo più funzionali al progetto. Se ci va bene abbiamo, ma non siamo nulla. E una qualsiasi crisi ci prostra.
Su Sette, l''inserto del venerdì del Corriera della Sera, ho letto l'intervento di un anziano professore di Economia alla Sapienza di Roma. E' stato illuminante quello che ha detto e ciò che ha sottointeso. Parliamo tanto di Pil, job act, spending review, authorities, fiscal compact perchè non capiamo cosa stia succedendo al sistema economico in generale e all'Italia in particolare. Mario Draghi, l'Europa, il Fondo menetario, l'Ocse, la Banca d'Italia, l'Istat: chiunque abbia numeri in mano e incarichi di governo dell'economia lancia "moniti" auspicando nebulose riforme. Se la strada da percorrere fosse tracciata, univoca e non solo a pro di qualcuno dovremmo scendere in piazza e cacciare chi la imbocca. Ma non è così. La riprova? Dieci anni fa si parlava di "miracolo spagnolo" perchè il Pil di quel Paese galoppava grazie alle riforme del mercato del lavoro ( ovvero tutti precari ); 5 anni fa si assisteva al "disastro" iberico per effetto delle stesse riforme sull'impatto con la crisi finanziaria globale ( tutti disoccupati ); qualche giorno fa riecco il "miracolo" per un rimbalzo del Pil.
Nei palazzi lastricati di marmo sono tutti bravi a valutare le situazioni a posteriori. Comunque vada, il loro congruo stipendio corre. E intanto il nostro Paese deraglia. Pare non bastino iniezioni di liquidità nel sistema o 80 euro in busta paga per strappare un sorriso al Pil. E allora andiamo alla radice: la nostra è una crisi di fiducia. Ma fiducia in se stessi, non nella manna che scende dal cielo o nel salvatore della patria. Renzi, se non vuole bruciare il carico di aspettative trasformatesi nel 40% dei voti alle Europee, deve avere il coraggio di abbandonare il "marketing" e ragionare come l'agricoltore che dissoda la terra. Davvero, però. Ci vorrà tempo, e il raccolto verrà.


Jù. 

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