L'AMORE PER CASO

E' cosa arcinota, ai confini con la banalità, notare come in amore la contraddizione ( e il sacrosanto diritto alla medesima ), i magoni di ogni tipo, le impennate della logica siano nutrimento quotidiano. Comunque a me pare che la più cocente, tra le infinite frustazioni in campo sentimentale, sia la consapevolezza che l'amore non è soltanto cieco, sordo e dotato di gravi turbe anche a livello neurologico, ma soprattutto è di una superficialità mostruosa: l'amore è scemo. Non sceglie mai: capita. A tutti, eh: in questo senso non credo si debbano fare distinzioni tra uomini e donne, omosessuali ed eterosessuali.
A ognuno di noi è capitato almeno una volta nella vita di ritrovarsi a dire a qualcuno, con tanto di "vibrato" nella voce: "Guarda io mi detesto, te lo giuro, non so cosa darei per innamorarmi di te, perchè tu sei perfetto, capisci? per me, almeno...Sei la persona più bella che conosco, mi piace tutto di te, le tue idee, la tua sensibilità, e poi con te sto bene, so che mi posso fidare, che mi capisci, con te risco a parlare" "E allora capisci che sto malissimo, non riesco a farmene una ragione, ma mi spieghi perchè è andata cosi? perchè mi sono innamorata di te, anzichè di quell'infame che mi rovina la vita?.."
Perchè l'infame in questione è bello. Tutto qui. O se preferite, perchè mi piace da impazzire, mi fa andare il sangue alla testa, quello che vi pare. Fatto sta che quella cosa lì - la passione il delirio l'innamoramento - è esattamente come la grazia santificante per i cattolici: o c'è, o non c'è. Non serve a niente far valere la ragione, la mozione degli affetti, valutare tutti i lati positivi, le affinità elettive, tutti gli elementi per cui una persona sarebbe perfetta come compagna di vita, niente: l'amore capita.
Io credo di aver toccato il fondo parecchi anni fa, quando mi sono resa conto che quello di cui mi ero innamorata non solo mi faceva stare male, ma non mi era neanche simpatico. Ma come si fa a ridursi così? Come è possibile una roba del genere? Poi, certamente, ogni tanto nella vita ti capitano delle botte di culo. E dopo, solo aver perso comunque il senno, il sonno, la ragione e i sentimenti per qualcuno, ti rendi conto che quella lì è anche la persona giusta, anzi, perfetta per te. E allora alè, felicità a mille, festeggiamenti, dichiarazioni di fedeltà. E magari, in questo tripudio ormonale, in questo delirio adrenalinico, hai anche la divina impudenza, l'infinita sfrontatezza di andare dalla tua amica bruttina e dirle: "Ah guarda che sto vivendo questo amore meraviglioso ma sono sicura che succederà prestissimo anche a te..." Che schifosa bugia. Che disgustosa ipocrisia. Lo sappiamo tutti perfettamente - lei per prima - che a lei non succederà mai una cosa del genere, perchè l'amore ha ferree leggi di mercato, e chi è tagliato fuori peggio per lui. A lei, con tutte le sue belle qualità, succederà probabilmente di perdere la testa per uno che non la vedrà nemmeno, perchè è tanto bella dentro, ma neanche a rivoltarla se ne accorgono. E lei - lei sì- a un certo punto dovrà mettersi a tavolino, ragionare, decidere, piuttosto che invecchiare completamente sola, di mettersi con uno come lei, senza passione ma con tanti lati positivi, tante belle qualità, tanto bello dentro anche lui, e insieme si faranno delle fantastiche endoscopie: ma la felicità no, niente, negata. Perchè l'amore non è affatto cieco, anche se a Sanremo spopola da un sacco di tempo; semmai è stupido, superficiale, ingovernabile e si lascia condizionare dalle mode, dai modelli estetici dominanti, dall'apparenza, dagli spot.
L'amore è cieco. Ma chi l'ha detto?

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.

PIU' MUSICA E MENO TESTO

Primo pensiero.
Mia madre mi mise al mondo alle tre e un quarto di una gelida notte primaverile. Pioveva. Mio padre aveva atteso nervoso per tutta la sera, camminando su e giù e fumando furiosamente. Pare fossi bellissima, anche se la mia testa era di colore bluastro e il mio umore pessimo. Vai a credere al parere di due genitori innamorati. Quel giorno cominciava la nostra avventura, la mia di bimba rumorosa che "potrebbe fare di più a scuola", la loro di genitori affettuosi, ma spesso perplessi sulle mie reali intenzioni ed aspirazioni nella vita.
Con il cuore sento di doverli ringraziare per l'audace scommessa che decisero di fare dandomi la vita.
Con la mente mi verrebbe voglia di sgridarli per non avermi fatto nascere nel selvaggio Far West invece che nella civilizzata Bergamo. Sì, perchè io mi sentivo molto più portata per cavalcare nelle praterie, che non per correre in bicicletta lungo la via Provinciale; molto più portata per allenarmi a sparare ai barattoli di conserva nel prato sul retro del ranch, che non per allenarmi a fare sedici vasche a dorso tutti i lunedì mercoledì e venerdì alla piscina del Centro Consortile; molto più portata per gestire un saloon dove si servissero anche vodka e caipirinha e dove si esibissero anche ballerini stranieri, che non per lavorare anni e anni senza vedere mai nè un euro fetente nè un qualcuno interessato alla cultura decente; molto più portata per diventare sceriffo e magari battermi contro l'impiccagione per furto di cavalli e contro l'intolleranza verso i pellerossa, che non per diventare socia di un circolo arci o di una cooperativa che lotta per non so bene cosa.

Secondo pensiero.
Sono laziale. Lo sono per parte mia. Anzi, per parte di cugino.
Mio cugino tifava Juventus da quando si chiamava come si chiama ( non la squadra, lui). E fu lui, fin dalla mia più tenera età, ad educarmi ai principali valori della vita e dello sport: l'onestà, la correttezza, il rispetto degli altri, il rispetto della parola data, l'affetto per Alen Boksic. Con mio cugino commentavamo le partite, con il cugino valutavamo la campagna acquisti, con il cugino iniziai ad amare il Boksic biancoceleste, con il cugino presi la mia prima pallonata triste in faccia.
Con il cuore gioisco per tutto ciò che il cugino mi ha lasciato dentro, per quei momenti di complice felicità, per le sue passioni spicciole che proseguono con me, per tutti gli insegnamenti buoni che mi ha dato; gioisco perchè, senza troppi pudori, gli voglio bene e continuo a volergliene ora che non lo vedo più così spesso.
Con la mente mi domando invece per quale diavolo di motivo io debba continuare ad essere laziale in provincia di Bergamo. Non ha alcun senso essere laziale in provincia di Bergamo. A meno che non si ami la sofferenza per partito preso: sono mortificata quindi esisto. Ma ammesso che io accetti il mio destino, con la mente lavoro e mi pongo continuamente (soprattutto di notte) quesiti angoscianti. Perchè la Lazio perde sempre e se non perde pareggia e se non pareggia vince ma non convince e se vince e convince poi perde di nuovo? Perchè Rocchi e Klose hanno solo figlie femmine e se avranno figli maschi non gli insegneranno quello che sanno fare? Perchè di tanti olandesi che ci sono in Olanda il Milan riesce sempre a trovare quelli che sanno giocare a calcio e lascia tutti gli altri all'Inter? Perchè il cugino non tifava per il Genoa?

Terzo pensiero.
Il mondo fa piuttosto schifo. Molte persone soffrono più del dovuto. Ci sono troppi disoccupati, troppi morti di fame, troppi violenti che abusano materialmente e moralmente della debolezza altrui. La volgarità dilaga. La furberia è ancora tanto vincente. Il mare è sempre più sporco, l'aria sempre più puzzolente. Molti bambini non hanno giocattoli, pochi ne hanno troppi, ma tutti i bambini diventano sempre più tristi. Gli adulti lo sono già.
Con il cuore sento che non è giusto, che si potrebbe cambiare, che si dovrebbe fermare il dolore, isolare la violenza, costruire un mondo sereno, che rispetti la vita, la gioia, che dia del tempo alle persone per pensare, per fare l'amore, anche per non fare assolutamente niente, almeno sporadicamente. Perchè è bellissimo non fare assolutamente niente, stare sdraiati, guardarsi le unghie dei piedi, contarsi i foruncoli, infilarsi le dita nel naso, fissare un punto nel vuoto, guardare il mare, guardare gli altri passare, rispondere a chi ti chiede che stai facendo "niente"... perchè è bello non fare niente, almeno sporadicamente.
Ma con la mente non riesco a pensare a nulla di serio, di concludente, di efficace, di non irrimediabilmente destinato al fallimento.
Penso con la mente, ma ho davvero bisogno del cuore.
Finchè regge.


Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.

BRACCIOFORTE

L'ha conservato a lungo nella cassetta dei documenti, quel foglietto che certificava il suo battesimo di volo ottenuto il 20 luglio del 1936, quando aveva appena sei anni e il padre Stephen Koening Armstrong, ispettore contabile statale, e la madre Viola, entrambi di origine tedesca, uscirono dalla loro casa di Wapakoneta, nell'Ohio rurale, e lo portarono sul Tin Groose ( "Oca di latta") nomignolo affibiato a un aereo trimotore prodotto dalla Ford.
Fu il suo primo volo, un imprinting che gli inoculò quella passione per l'aviazione che non l'avrebbe più abbandonato: difficilmente all'epoca qualcuno poteva immaginare che un giorno, quel ragazzo, Neil, sarebbe arrivato sulla Luna, con il simbolo di un'aquila al posto di un' oca.
Per una incredibile coincidenza, fu nella notte di un altro 20 luglio, questa volta del 1969, mentre sulla Terra Eddy Merckx trionfava nuovamente al Tour e la Fiorentina si aggiudicava lo scudetto, in Francia se ne andava Charles De Gaulle e in Vietnam le bombe al napalm polverizzavano le colline, che Neil Armstrong passò alla storia come il primo uomo a toccare il suolo lunare. Lo toccò dapprima con lo scarpone sinistro, e ci restò per 151 minuti rimbalzando come un gigantesco bambino che muove curioso i primi passi, inviando alla Terra e ai 600 milioni di persone sparse nel mondo davanti a un televisore la frase più famosa che un essere umano abbia mai pronunciato:
"E' un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità".
Ora che il corpo di Neil, dalla sua Cincinnati, ha lasciato per sempre la Terra a 82 anni, molte delle cose che avremmo voluto sapere su quello straordinario viaggio e su quella famosa frase se ne sono andate con lui.
Di tutti gli astronauti del progetto Apollo, che inviò sei equipaggi umani sulla Luna dal 1969 al 1975, Armstrong è stato il più sfuggente. Alto, di bell'aspetto, pronto al sorriso, ma il più riservato e misterioso.
L'uomo che il presidente Obama in un messaggio alla moglie Carol ha definito "uno dei più grandi eroi americani di sempre", avrebbe potuto arricchirsi tenendo conferenze o concedendo interviste esclusive, ma era difficile cavargli più di qualche parola tecnica sullo sbarco che lo ha reso l'astronauta più celebre della storia (insieme ai compagni di viaggio Buzz Aldrin, secondo moonwalker, e Michael Collins, nato a Roma, conducente del modulo orbitante che ruotava attorno alla Luna).
Si limitava a pochi dettagli operativi e chissà se si ricordava, a distanza di 43 anni, del "coccodrillo" che aveva preparato per loro il presidente Richard Nixon nel drammatico caso in cui gli astronauti della missione Apollo 11 non fossero riusciti a ripartire dal nostro satellite: "Il destino ha voluto che gli uomini che sono andati sulla Luna per esplorarla in pace rimarranno sulla Luna per riposare in pace".
Anni dopo, aveva fatto leggere quelle righe alla prima moglie Janet per poi bruciarle. Prima di partire aveva usato parole più comuni con i figli Ricky e Mark.
I suoi silenzi, il suo volto con la barba incolta di otto giorni che si affaccia dall'oblò della navicella appena recuperata nelle acque del Pacifico, a guardare senza un sorriso dall'altra parte del cristallo Nixon, ne hanno fatto un eroe schivo e malinconico, che rifiutava persino di firmare autografi.
Fra le poche riflessioni non tecniche che Neil ripeteva spesso era come da lassù gli era apparsa la Terr: "Riuscivo a vedere i continenti e le nuvole. Mi sembrava tanto piccola e bellissima".
In generale preferiva pensare al futuro più che al passato. Il suo grande sogno era Marte. Naturalmente, sapeva che non sarebbe toccata a lui quell'avventura, ma nei vari ruoli dopo il viaggio lunare e il ritiro dalla amata Nasa nel 1970 non perdeva occasione per parlarne come della prossima frontiera.
Chissà se adesso che lui non c'è più, Buzz Aldrin (che voleva essere il primo moonwalker e che per questo fece con Neil una feroce litigata, da Neil mai ammessa) riuscirà finalmente a perdonargli di non essere stato il primo a mettere piede sulla Luna.
Quasi ad annunciare il lutto, la bandiera americana che Neil e Buzz avevano conficcato nelle sabbie del Mare della Tranquillità dopo l'allunaggio dell'Apollo 11, non è più in piedi.
Tutte la bandiere della altre missioni ( sei in tutto, fino al 1972, compresa quella disastrosa dell'Apollo 13 nel 1970) sono ancora al loro posto. Ma è sempre lì l'iconica impronta del piede di Armstrong impressa nel pulviscolo della superficie lunare, potrebbe restarci per un milione di anni, perchè sulla Luna non ci sono venti che possono spazzarla via.
Grazie Neil, ti sia lieve la Luna.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

La Jù.


IL TRIPPONE KAPPAO'

Sono venticinque anni che provo a mettere d'accordo cervello e cuore. Come cercare di far lavorare Antonioni in un film di Tarzan. Venticinque anni di faida condominiale tra un budellone snob che abita in un attico panoramico a equo canone e il percussionista scriteriato che sta al piano di sotto. Il pensatore si dà un sacco di arie, ma in fondo è solo una milza che ha studiato. Un pignolo attaccabrighe che mi ha procurato molte noie: con i professori, coi preti. Non parliamo delle scenate che mi ha fatto quando mi piaceva qualcuno ( "Ma esci con quella scimmia? Una che non sa nemmeno chi è Alexander Supertramp, scusa ma chi te l'ha presentata? Mi raccomando Jù, non farle fare tardi, se no a casa stanno in pensiero")
Il mio cuore è meno colto, ma più simpatico. Ha il ritmo nel sangue, palpita per un nonnulla, gioisce per una schiocchezza. Un suo assolo mi condiziona più di mille ragionamenti. Geloso marcio, il cervello si rifà spettegolando: "Non per dire Jù, ma è un poco di buono. Uno che batte per vivere, capirai. Lo sanno tutti, batte giorno e notte, uno scandalo. Anzi, la sua specialità è fare la pompa, un giorno o l'altro ti metterà nei guai".
L'altro fa orecchiette da mercante. Tamburella indifferente un andantino, ma intanto cova la vendetta. Gli basta pescare in un dovizioso arsenale di orrori musicali, che il cervello ha saggiamente rimosso, ma che per il cuore hanno un enorme valore sentimentale. Sceglie il momento giusto, quando il lumacone deve concentrarsi su qualcosa di importante e zàc, attacca: Ma che stupida che sei...( il mio primo lucidalabbra al mirtillo!) Il cervello, spazientito, picchia dal piano di sopra: "Basta! Qui si lavora! Vuoi abbassare il volume? E' ripugnante!" Perfido, il batterista spara a tutta forza e quando arriva la notte, la notte ( Arisa! Il concerto con Noemi. La prima, struggente riflessione della Jù innamorata: cazzo, sono proprio innamorata).
Dall'attico caranico arrivano urla selvagge: "Non se ne può più! Dov'è un infarto quando serve?" Ma il cuore è implacabile: I puffi fan cosi! Il trippone è kappaò, e promette di non farlo più.
Il ricatto funziona sempre. Ricordo quando dovevo comprare la macchina. "Non vorrai mica comprare la Mito - strepitava il cervello - solo perchè non ce l'ha ancora nessuno e perchè ti ricorda il tuo primo amore? E' una carriola. Pensaci: ce ne sono di macchine decenti." Dal più putrido dei suoi cassonetti, il cuore estrae: E' l'Italia che va, con le sue macchinine brum brum...
Non c'è lotta, l'intelligenza è in ginocchio: "Argh, mi arrendo..."
Eppure, un giorno l'incredibile è avvenuto. Era lo scorso inverno. Sto ciondolando per casa, quando il cervello comincia a brontolare contro il vicino: "La pianti di cantare 'sta lagna? Cos'è, l'inno dello stato libero del Puercavaca?" Il miocardio sussulta: piano, lui non c'entra niente, la robaccia proviene dalla tivù.  Tu sarai la forza miaaa, il mio gancio in mezzo al cielo...E' il miracolo. "Non so te - mormora l'intellettuale - ma a me stanno già girando gli emisferi". Dal piano di sotto, a sorpresa, il rullo di tamburi di Viva la Vida. "Ben detto, compagno!
Gli fa eco un ritmo cadenzato e via col repertorio. Life in Techincolor II, No more, Perfetti, Walk of life, Train in vain, Help!, Lay love. Ma questa volta a due voci, cuore e cervello in pieno accordo. E con lo stomaco e il fegato a fare da coristi.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

La Jù.


BASTA E AVANZA

"Chi trova un amico trova un tesoro", dice il proverbio, ma poi si può pagare alla romana. Siccome gli amici, a differenza dei parenti, si scelgono, conviene buttar giù a caso qualche segno di riconoscimento.
1. Non sono necessariamente amici quelli sempre pronti ad accompagnarti al cinema o in discoteca, grazie tante. Sì, invece, quelli che ti accompagnano al funerale di tuo nonno rinunciando al derby di cui avevano già i biglietti.
2. Diffidate di chi non presta nemmeno un euro ( però bisogna renderglielo). Un amico avaro non può essere un amico. Il discorso vale anche per una sigaretta, un libro, un cd.
3. L'amicizia non sopporta aggettivi come affettuosa o interessata, allora è un'altra cosa. Al massimo, aggettivi di due sillabe ( grande, bella, rotta ).
4. Amici per la pelle è una frase priva di ogni significato, a meno che due amici non lavorino in una conceria.
5. Quello lì ha l'amica ( detto in tono ammiccante-amicante ) è un eufemismo.
6. Innamorarsi ( scappare ) con la donna del miglior amico ( e viceversa ) è un classico della letteratura e della cinematografia. Può succedere anche nella vita, e son casini.
7. Vi consiglio di evitare la frase non è un amico, è un semplice conoscente. Non è un amico, basta. Non è un nemico, avanza. E pensa a quant'è brutto 'sto participio presente "conoscente" e poi se tu lo conosci un conoscente diventa un conosciuto ( Ballando con ). E nascono altri problemi: la riconoscenza è una conoscenza reiterata? Ti riconosco, sei mio figlio. Sei mio figlio e ti riconosco solo perchè mi obbliga l'esame del Dna.
8. "Conosci te stesso", aveva ragione quello là. Potrei scriverlo anche in greco ma non so se Blogpsot dispongano di carratteri greci. Se conosci te stesso e ti fai un pò ribrezzo, ammetterai che non è facile avere un sacco di amici. Se conosci te stesso e ti piaci, ti stimi, ti capisci, sei a posto, hai un amico inseparabile: te stesso. Se vuoi separartene, è una faccenda un pò complicata.
9. Gli amici non servono a farti sentire meno solo, ma a farti stare bene con gli altri. La vecchia definizione di seccatore: colui che ti toglie la solitudine e non ti dà la compagnia.
10. Avete mai sentito la frase "ho degli amici molto in alto?" Può pronunciarla un pilota, un mafioso, un free climber, un social climber, un perfetto coglione, un portaborse. O molte di queste cose contemporaneamente.
11. Nelle amichevoli i calciatori si picchiano più che nelle altre partite.
12. Con un occhio al punto 9, gli amici che rispettano la tua voglia di solitudine sono i migliori. Non è solo una questione di sentimento, ma anche di tempo, di spazio.
13. Con un occhio al punto 12, e l'altro dove ti pare, se hai bisogno di due ore per spiegare al telefono al tuo amico/a perchè tua madre/padre non ti capisce, c'è qualcosa che non va, o nei tuoi genitori o in te. Sicuramente nell'amico, che non ti stoppa prima. Non confondiamo l'amicizia col talk show.
14. E' indispensabile essere amici della libertà. Il resto viene dopo, sempre e comunque.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.


AMA E FA' CIO' CHE VUOI

Stavo navigando su internet quando, qualche giorno fa, mi sono imbattuta in un titolo che mi ha lasciato di stucco: "Si conoscono dopo aver perso i loro bambini, diventano lesbiche e ora aspettano un figlio". Non mi ha urtato la notizia, ma le parole usate per darla. "Diventano lesbiche". Come se l'omosessualità o la bisessualità fossero una malattia che ti può colpire a un certo punto della vita, una specie di varicella che invece delle pustolette ti fa venire strane idee.
Non capite dov'è il problema? Alcuni anni fa, quando andavo ancora a scuola, una mia compagna di classe mise questo titolo e sviluppò il tema della settimana: "Scontro frontale: muoiono un uomo e un marocchino". Un uomo e un marocchino, come se il marocchino non fosse un uomo. Laprofessoressa non se ne accorse e il tema andò bene.
A me il modo di presentare la notizia sulle due signore ha ricordato quello scivolone imperdonabile della mia ex compagna di classe. Uno scivolone che rivelava un atteggiamento razzista, discriminatorio. Così come scrivere "diventano lesbiche" rivela questa idea: se sei una donna e un certo punto della tua vita ti innamori di un'altra donna, ti è necessariamente capitato qualcosa, un virus, una botta in testa, una folgorazione che ti ha fatto diventare altro, diversa. Rivela l'idea che la normalità è essere eterosessuale e tutto il resto è un incidente di percorso. Una devianza. E allora, chi la pensa così ti etichetta: "sei diventata lesbica, sei diventato gay, sei diventato bisex, entra nel tuo recinto e restaci". Non pensa che sei quello che sei sempre stato, con la differenza che, per esempio, avevi sposato un uomo e ora, ora tu sei diventato altro da chi è normale. E questa differenza la sottolinea ben bene, come se i gusti sessuali incidessero davvero sull'entità e integrità di una persona.
Sono esagerata? Cavillosa? Le sfumature sono importanti, non solo quelle di grigio, nero o rosso, perchè le parole, quando si parla di questo argomento, pesano più di pietre. La tentazione di annalzare barriere e steccati è ancora troppo alta. La tentazione di distinguere ciò che è normale da ciò che non lo è impera. Gli sconfinamenti nella volgarità e nelle offese personali purtroppo sono all'ordine del giorno.
Un anno fa ero in vacanza quando, una sera, gli animatori dell'hotel organizzarono uno spettacolino: l'elezione di mister gay. I clienti dell'albergo erano chiamati a comportarsi da gay: baciare come un gay, camminare come un gay, fare la dichiarazione d'amore come un gay, vestirsi come un gay. Il tutto meritava l'Oscar per la stupidità e il cattivo gusto. Il giorno dopo, sono andata a protestare con il capo animazione. La sua risposta: "Ma allora non si può scherzare su niente, l'anno scorso ho fatto uno spettacolo in cui prendevo in giro gli zoppi e c'era uno zoppo che si è lamentato! Io devo fare cabaret. E poi i gay intelligenti non si offendono." Ah, certo: di fronte all'esigenza di fare cabaret tutto si piega e si spiega. Ma siamo proprio così sicuri che gli omosessuali non si offendano? Siamo così sicuri che siano tutti contenti di essere considerati delle macchiette? Di rientrare nel clichè dell'uomo in piume e perizoma e della donna baffuta e muscolosa? Questi stereotipi fanno male.
Lo so già che qualcuno sta pensando: "Ma sono loro che vogliono apparire diversi!", e la mente va ai folkloristici gay pride. Ma loro chi? Qualcuno, una parte. Una parte che poco c'entra con chi ha tanta voglia di tranquillità, di vivere assieme, prendersi delle responsabilità, mettere su famiglia.
E sapete perchè ho scritto questo post? Perchè ho un nipote e se un giorno lui si innamorasse di un uomo, vorrei che fosse trattato per quello che è: una persona normale, non un fenomeno da baraccone.
Come diceva Sant'Agostino? "Ama e fà ciò che vuoi."

Jù.

BEATLES & SURROUNDINGS

All you need is love, cantavano i Beatles con mirabile sintesi (come tutte le belle canzoni sanno fare).
L'amore è tutto quello di cui hai bisogno. Sì, ma quale amore? Quello del proprio compagno, marito, amante? Dei figli? Per la natura? O verso il proprio cane? Ma c'è anche l'amore per il lavoro, per la casa. Quello per il prossimo. E l'amor proprio: amare se stessi è fon-da-men-ta-le.
Ci pensate?
Ci sono tante forme d'amore. Potreste chiamarlo con parole diverse: affetto, passione, cura, dedizione. Ma è sempre amore. Faccio una doverosa premessa: in questo post farò molte ripetizioni, scriverò molte volte la parola amore, userò troppi punti interrogativi e domande retoriche. Lo so che non si fa. Ma non è forse soltanto amore quello che ti fa sporcare le mani di terra per creare quel balcone fiorito che in primavera ti invidiano tutti? O che ti fa alzare tutti i sabati mattina all'alba per andare in ospedale, metterti un naso rosso e fare il pagliaccio con i bambini malati di tumore? Vi assicuro che è amore pure quello che ti fa arrivare in ufficio sorridente e con la consapevolezza che neanche questa volta i colleghi antipatici riusciranno  a farti arrabbiare (perchè a te piace il tuo lavoro, loro forse no). Love, love, love, love, love...i Beatles lo ripetono mille volte. Ma se l'ascoltate tutta, la loro non è una canzone d'amore in senso classico. E', piuttosto, una lezione di vita in forma di filastrocca. Dice che That's nothing you can do that can't be done: non c'è niente che puoi fare che non possa essere fatto; No one you can save than can't be saved: nessuno da salvare che non possa essere salvato. Vero. L'amore fa fare qualsiasi cosa. L'amore salva tutti. Perchè è una potenza irresistibile, micidiale, spesso insensata, sempre irrazionale. Non serve capirlo: " Non sono un uomo intelligente, ma conosco l'amore" dice Forrest Gump, meraviglioso idiot savant del cinema. E lui, amando, fa grandi cose.
Certo, l'amore c'è o non c'è. Quante persone aride, calcolatrici, opportuniste, false conoscete? Quante, purtroppo, occupano posizioni di potere? Tante, troppe. Hanno perso la capacità di amare. O non l'hanno mai avuta. C'è troppo poco amore in questo mondo. Sprechiamo, buttiamo le cicche per terra, non conosciamo i nostri vicini di casa. Rubiamo, facciamo i furbi. Accettiamo di vivere in quartieri invivibili. Non abbiamo più la forza di indignarci, nè siamo più capaci di provare vergogna. E' perchè non amiamo abbastanza e non ci vogliamo più bene.
Gli inglesi usano il verbo to care: avere a cuore. Descrive un amore che abbraccia le persone e le cose, che ha cura, che si cura d te, di noi, di tutti. E ciascuno ha diritto di avere la propria classifica degli affetti. L'importante è che li abbia, gli affetti: che abbia qualcuno da amare. Possiamo dire che amare il proprio gatto sia meno significativo di voler bene alla mamma? C'è chi non ha più genitori, non ha avuto figli, non vuole cani e non ha altra soddisfazione che nel far nascere profumatissime rose nell'aiuola di casa. L'amore, come le rose, si può coltivare. Si può farlo crescere.
Ci fosse più amore in questo mondo, le persone sarebbero più felici, le cose sarebbero più belle. Cureremmo di più le nostre città. Saremmo più onesti, più buoni.
Domanda: che cosa avete intuito da queste mie righe? Che sono innamorata? Che mi piacciono i Beatles? Un pò di tutto questo.
La verità è che ho provato a riempire questo spazio con la mia piccole dose d'amore. Perchè l'amore è contagioso. Di amore non ce n'è mai abbastanza. E spesso basterebbe quello. Cari vecchi Beatles (che tenerezza vedere Paul McCartney alla cerimonia delle Olimpiadi), avete ragione: Love is all we need.

Il Solito Enorme Bacione a Tutti.

Jù.